L’altra cosa notevole, culturalmente, è che su uno dei caposaldi tradizionali della nostra cultura scolastica e della nostra tradizione letteraria, tutti (compreso il corpo insegnante nella sua totalità, stando a una mia indagine sommaria) siamo sempre stati solidamente convinti di una cosa che invece è – come detto – quantomeno misteriosa e controversa, oppure non abbiamo mai capito di cosa si parlasse. Insegnanti avvisati, ma non so se con la Gelmini si facciano ancora i Malavoglia
Wittgenstein – I lupini che non colsi
Ricordo tutto il primo anno di liceo dedicato ai Malavoglia, sacrificando il mostro sacro dell’Eneide, così da avvantaggiarsi sul programma di quinta. Da mostro sacro ottenemmo un incubo sacro. Note, riassunti, schede dei personaggi di una realtà antica siciliana che per un quattordicenne del 1982 aveva meno interesse di un telefono in bachelite nera per un iPhone maniaco di oggi.
Edizione con copertina verde già introvabile allora, da studiarsi più sui due terzi della pagina dedicata alle fitte note di Pietro Nardi che al testo. Il Nostro si occupò anche di eliminare uno scandaloso paragrafo in cui veniva citato un episodio a base di un cesto di corna deposto ai piedi della porta di casa. Roba da turbare le nostre giovani menti che avrebbero dovuto avvalersi dell’edizione Oscar Mondadori diffusa come le patatine.
Neanche a dirlo, a nessuno di noi venne mai in mente di chiedere dei lupini.