Ne avevo già scritto in occasione della morte di Gary Gygax ed ora ne parla il mio omonimo in un post da leggere tutto:
Ora, l’obiettivo di un gioco di ruolo è di costruire una storia che faccia divertire tutti. Siamo chiaramente nel campo dei giochi a guadagno condiviso: se uno dei giocatori (che possono muovere il loro personaggio come meglio credono) devia troppo da quello che il master ha preparato, è chiaro che tutto diventa subito meno divertente. Allo stesso modo se il master non equilibra al meglio il mondo di gioco causerà frustrazione nei compagni.
Sono passati molti anni da quando il roleplay veniva visto solo come un covo di nerd, secchioni timidi e metallari con magliette nere a praticare letteratura di genere (fantasy, horror, fantascienza) trasformata in gioco. O forse qualcuno ancora lo pensa.
L’importanza del meccanismo del roleplay (quello con matita, carta, dadi e umani intorno a un tavolo, non World of Warcraft che è un’altra cosa), delle dinamiche sociali e di apprendimento che si bevono insieme al divertimento delle partite è una cosa ormai accertata.
Sono anni che non gioco regolarmente eppure non finisco di stupirmi degli insegnamenti che mi spuntano in qualche angolo del cervello quando do un consiglio a Cesare o quando noto altre persone cadere in errori da principiante in un gruppo di lavoro.
La rete e i servizi web sono fenomeni di gruppo e presuppongono per definizione dinamiche sociali. L’osservazione di Kurai è perfettamente calzante. Aggiungerei solo che si può provare a fare a meno del Master per poi accorgersi di non andare da nessuna parte. Certo bisogna voler tenere gli occhi aperti per rendersene conto.