Antonio scrive delle analisi caustiche interessanti ma che mi finiscono sempre nel tag “da leggere” di Google Reader perché sono troppo lunghe.
Sono convinto (anche autobacchettandomi) che i post debbano avere una loro lunghezza tipica. Qualcosa più degli atomi di tumblr e molto meno delle macromolecole dei trattati di suz (Suz, dovresti provare uno dei plugin che aggiungono il conteggio parole al titolo del post).
Non è una regola ma ci va molto vicino. Diciamo una best practice che nasce da come io leggo i blog: tanti, troppi feed aggregati che promuovono una lettura frettolosa e a salti. Non è una cosa buona in sé (infatti mi manca una lettura approfondita) solo un dato di fatto di un certo modo, credo condiviso, di essere blogger.
Sono anche convinto che ci siano dei tratti comuni tra le varie espressioni del web 2.0 ma che non siano propri dei mezzi scelti quanto piuttosto dell’uso sociale che ne viene fatto.
Non conta quanto buoni siano gli aperitivi del bar fighetto, conta quanti amici ci vanno. Se vanno nell’osteria laida finisce che ci vai anche tu e non ne potrai più fare a meno.
Less is more non è solo un dettame simil-zen, ma forse il frutto di una somma di comportamenti. Scegliere una piattaforma con meno feature, rinunciare ad una possibilità come quella di scrivere post lunghi, può essere una scelta forzata o anche solo “caldamente invitata” dalla comunità. Vi ricorda niente coltura microbica?
In fisica teorica gli integrali di cammino sono uno shock illuminante secondo solo alla scoperta della Meccanica Quantistica. Anche in meccanica classica la Lagrangiana può nascere come minimo del funzionale lineare ma alla fine è un “binario” ottenuto in maniera deterministica. Una misura di probabilità ottenuta sommando tutti gli stati possibili è invece una similitudine più adatta a quello che ci sta succedendo sulla rete.
Credo che ci tornerò più avanti, con maggiore dotazione di caffeina.