L’articolo di Repubblica.it di oggi sul ragazzo senza braccia multato in treno sta facendo il giro della blogosfera.
Ho letto l’articolo stamattina appena sveglio sorseggiando il caffè e ne sono uscito col magone, immagino come sarà successo a molti dei 600 commentatori.
C’è tutto in quell’articolo: il dramma dell’handicap, l’Italia dell’indifferenza, la burocrazia delle ferrovie e quella della polizia. Materiale su cui riflettere a lungo.
Tuttavia vorrei gettare un piccolo seme del dubbio, e lo faccio da persona che detesta la burocrazia, ha dato un anno della propria vita (forse il più bello) agli handicappati e che odia l’indifferenza.
Quell’articolo è prima di tutto un racconto la cui chiave sta nell’ultima frase
L’autore è scrittore ed editore
Una fotografia, una bellissima fotografia. Profonda come quelle in bianco e nero a grana grossa, come un ritratto di Cartier-Bresson. Una rappresentazione della realtà, non un resoconto della realtà. Altrimenti non sarebbe stata così toccante.
Tuttavia se lasciamo da parte i sentimenti e ragioniamo come avrebbe fatto, per esempio, Poirot e le sue celluline grigie troviamo subito degli interrogativi che necessitano di risposte: il ragazzo senza braccia viaggia abitualmente su quella tratta? E’ conosciuto al personale delle FS o ha preso il treno all’ultimo minuto solo in quell’occasione? Se fosse una scena già vista si spiegherebbe il comportamento del personale viaggiante (scortesie a parte). Se viaggiasse abitualmente saprebbe come chiedere assistenza alla stazione e comprare il biglietto per tempo. Perché nessuno degli astanti (compreso lo scrittore) ha fatto il gesto di pagare la sanatoria mettendo i soldi che mancavano? Anche i passeggeri conoscevano il viaggiatore? Avevano già visto la scena? Oppure sono al corrente che il personale viaggiante è capace di ritorsioni? E quali?
La verità non ha mai una sola faccia. Scaviamo sotto la superficie: vorrei chiedere a Repubblica se ha inviato un giornalista alla stazione di Bari, se hanno chiesto un’intervista con le FS, se, dopo l’episodio (increscioso e toccante, non lo sminuisco certo) comincia un paziente factcheck.
Siamo nel Belpaese in cui la gente non si parla, non si fa domande ma guarda e passa.
Allora cominciamo ad usare il cervello e a farcela qualche domanda.