(foto: La Repubblica Firenze)
C’è qualcosa di diverso dentro di noi quando si diventa genitori. Qualcosa fa clic e, volenti o nolenti, si percepiscono i fatti della vita diversamente, quasi fossimo dentro le teste di tutti gli altri genitori, belli, brutti, simpatici, antipatici, conosciuti o estranei.
E’ una cosa che vorrei spiegare al mio io trentenne di dieci anni fa che, alla notizia della morte di un bambino di 11 anni durante una gita in montagna avrebbe forse reagito con un “oh, poverino”:
E’ morto il bambino di 11 anni vittima di un attacco cardiaco mentre era in escursione sul monte della Calvana, sopra Prato. Altri ragazzi, di una comitiva di un gruppo parrocchiale di Paperino, alla periferia di Prato, secondo le prime informazioni sembrava che fossero disidratati e stremati. Ma la diocesi di Prato spiega: “A noi hanno detto che tutti gli altri piccoli stavano bene e che uno solo ha avuto il malore”. La Usl di Prato ha poi reso noto che i 74 bambini, il parroco e due accompagnatori “che apparivano emotivamente provati per quanto accaduto ma erano in buone condizioni di salute”.
Stamattina invece, ascoltando Prima Pagina, mi si è spento qualcosa dentro. Sarà che Ulisse ha appena preso un colpo di calore, sarà che di problemi cardiaci congeniti ne sappiamo qualcosa, sarà che conosco la montagna e la necessità di partire e tornare presto (non arrivi in quota alle 2 del pomeriggio, per dire).
Non è la somma di questi motivi razionali, è la morte di un bambino che da sola si propaga come un’onda nera dentro di noi e risuona sorda, senza giustificazione alcuna.