Stretti stretti sotto l’albero

Post sotto l'Albero 2010

Sono stato anch’io tentato di pubblicare il nostro post sotto l’albero qui sul blog ma alla fine rende vano il piacere di scartare il pacchetto e non rende giustizia al lavoro del Sir nel confezionarlo. Grazie Sir, stasera sappiamo cosa leggere. Grazie a tutti per esserci stati.

Così, per rendermi conto della dimensione del fenomeno e del significato di tanti (blog)amici sotto l’albero ho scelto l’immagine dell’indice. Tre pagine fitte fitte di 135 postpacchettini.

Buon natale, compagni di viaggio.

Il bolsopost fra i post sotto l’albero

Mi piace perché non è una cosa mia, ma di tanti, e questo mi fa ricordare quando qui scrivevamo non per metterci in mostra cercando un lavoro o una vetrina o un quarto d’ora di celebrità , ma per l’urgenza e il divertimento e il piacere di farlo – e mi piace illudermi che almeno una volta all’anno questo sia ancora possibile.

Mi piace perché c’è gente, e non poca, che racconta un pezzo di sè. E lo fa senza recitare, senza romanzare, cercando con impegno le parole giuste. Trovandole.

(via Squonk » And… we’re back! (PslA strikes again, 2009 version: “Hop Hop Hop”))

E’ appena uscito il Post Sotto l’Albero 2009, una annuale creazione a più mani portata a termine a suon di frustate da Sir Squonk, che sopporta ritardi, ripensamenti, correzioni come nessun editor saprebbe fare senza farti inseguire dai cani affamati.

Grazie, Sir, mi associo a tutte le sue ragioni, da leggere per intero [meglio se con Readability :-D].

Il nostro post è firmato da entrambi i Bolsi (*), perché confezionato come omaggio natalizio di Bolsa Sit-Com a chi ci sopporta in rete. In realtà il racconto è un pezzo di bravura di Daria che ha aggiunto un’altro tassello alla storia di Cesare.

(*) Dovremo deciderci a mettere qualcosa in home page, a questo punto.

Fansubber guest star

Su FriendFeed è comparsa la notizia che un noto blogger abbia partecipato l’altra notte alla traduzione dei sottotitoli dell’ultimo episodio di LOST.

Per l’occasione la produzione ha deciso di cambiare lo speakeraggio introduttivo: ecco il file in due formati: Lost intro voice (m4a), Lost intro voice (mp3).

 

Sfogo suicida

Su un blog ci si sfoga sul suicidio e su FriendFeed ci si sfoga sullo sfogo chiedendo a gran voce di leggere tutti i commenti pena la non completa comprensione dello sfogo stesso.

La differenza tra un blog e un forum sta nel post di avvio, nella dicotomia fra il thread di commenti equipotente di un forum e l’asimmetria post-commenti di un blog.

Se c’è qualcosa di rilevante nato dai commenti lo si integra in un aggiornamento del post, come in questo caso.

Difficilmente seguo lunghi thread di commenti (è un mio limite fisico), l’atomo di informazione importante sta nel post, tendenzialmente la pensa così anche Google quando ti ci conduce sopra con una frase di ricerca.

Il suicidio è un mistero della psiche umana, la cui soluzione sta solo nella testa del suicida stesso, persa per sempre peggio di una formattazione a basso livello.

Non è un argomento proibito, certo parlarne non è facile, specie se si hanno idee non dissimili da quelle esposte nel blog. Bisogna saperne parlare, è una questione di stile.

Sta di fatto, cara Rossella, che chi scrive ha avuto più di un suicidio in famiglia.

Non che questo faccia di me un esperto però, come dicevo, qualche pensiero su rabbia, motivazioni, spiegazioni l’ho fatto anch’io a suo tempo. Non troppo diversi dai tuoi.

Comunque ho letto il post, l’ho riletto, l’ho reinterpretato come da indicazioni della chiosa finale. Ho scorso velocemente le due file di commenti.

Io non credo che sfogo sia l’equivalente di un lasciapassare universale delle idee, di esenzione del filtro intellettuale che ti fa scegliere momento, luogo e modi di scrivere in pubblico.

Perché il cosa diciamo può accomunarci molto ma il come lo diciamo fa la vera differenza e spesso è rivelazione di cosa abbiamo dentro, di cosa siamo veramente.

Se un giorno, guardando la mia dashboard, mi dovessi trovare a decidere se difendere uno sfogo scappatomi per la rabbia, credo che solo un bel clic sul bottone delete mi permetterebbe di guardarmi ancora allo specchio.

I blog come proiezione del sé

Scrivere su un blog significa (pensare di) raccontare cose tue a persone che non conosci e che leggendoti penseranno di farlo, mentre tu rimarrai all’oscuro anche della loro esistenza. Ma davvero raccontiamo qualcosa di noi? La scrittura è un mediatore in/consapevole: io quando scrivo davvero non so chi è che parla, chi è che sceglie cosa dire, certo non so perché alcune cose le scrivo e altre no.

Questo bellissimo post di Mafe ha riacceso una serie di riflessioni che la mia mente sta impastando insistentemente in questo periodo.

Conscio di quanto tempo sono in grado di perdere su una passione sociale come il blogging, spesso mi sono chiesto “perché lo faccio?” Ma soprattutto “cosa c’è di così interessante nei blog?”.

Mettiamo da parte per un attimo la blogosfera del gossip, gli eventi, le foto degli eventi, le chiacchiere, le dietrologie, le news tecnologiche, l’iPhone. Cosa resta?

Resta una rete di persone che scrive e si legge più o meno regolarmente, che riflette su sé stessa e il mondo (siano le notizie mainstream dei siti dei maggiori quotidiani, siano notizie di nicchia, sia un episodio capitato dal lattaio sotto casa).

Cosa c’è di così interessante da tenermi incollato dal feed reader?

Ci sono le persone.

Ci sono i punti di vista, le loro idee, la loro peculiare maniera di raccontarle o di commentarle.

Più vado avanti a conoscere il fenomeno della blogosfera, più mi appassiona conoscere persone, quelle che mi piacciono, quelle che mi lasciano indifferente, quelle speciali, quelle che ti danno la scintilla di genialità nei loro post. Quelle che ti fanno capire le cose meglio di te.

Sono fortemente convinto che tenere un blog sia una forma di proiezione del sè.

Non è detto che sia una proiezione integrale: possono essere dei flash, proiezioni parziali, proiezioni deformate, frammenti. Sono comunque parti di noi che regaliamo al mondo nei nostri blog, perdendone immediatamente il controllo per affidarlo al Grande Impastatore della Rete, Google.

Proiettiamo noi stessi con il template che scegliamo, fra i mille della template gallery o tenendoci quello di default.

Proiettiamo noi stessi con la frequenza dei post, o la frequenza dei commenti nel nostro blog e in quello altrui (invadenti, timidi, controllori del proprio spazio, istrioni).

Proiettiamo noi stessi con lo stile dei nostri titoli.

Proiettiamo noi stessi con la tipografia dei nostri post, andando a capo spesso, non andandoci mai, blindati nel nostro rettangolo di caratteri, riempiendo il post di link a fonti esterne.

Proiettiamo noi stessi scegliendo dove postare, articolando il nostro modo di raccontare fra blog, foto, chat e servizi come twitter e friendfeed. Dimostrando ordine e meticolosità o caos creativo, aprendo nuove piste o facendo i gregari.

Proiettiamo noi stessi nelle scelte degli shared items, o dei reblog su tumblr o nelle altre forme di segnalazione di contenuti. Come un regista che non fa anche l’attore, non lo vediamo mai davanti alla macchina da presa ma ne cogliamo lo sguardo nelle scelte stilistiche: ritmo, sceneggiatura, dialoghi, montaggio, inquadrature.

Infine, proiettiamo noi stessi nella scrittura, elemento che potrebbe stare in cima a questa lista ma che ho voluto mettere in fondo per sottolineare il suo possibile ruolo di elemento di una tavolozza del sé: i contenuti della nostra scrittura possono non appartenerci, non rivelare nulla di noi in senso diretto ma al contempo dire molto della nostra personalità, della scelte che facciamo nella forma, nel fraseggio, nel risalto di un argomento rispetto ad un altro.

Ci sono blogger che cercano evidentemente di dissimularsi dietro la scrittura o di mostrare solo le parti di loro con più appeal.

Secondo me è una partita persa a tavolino. Occorre un editor per questo, qualcuno che ti guardi da fuori e scelga che merce mostrare di te.

Si possono mantenere privati gli avvenimenti della vita privata pur esponendo il sé nel proprio blog e con questo leggere i propri comportamenti mescolati a quelli degli altri. Ci si impara moltissimo e non ci si perde niente.

Lascia i tuoi dati e verrai richiamato

Più sintetico di Gaspar, Brodo stigmatizza lo stile poco 2.0 dei blog mainstream:

Lo dico qui perché per commentare dall’altra parte ci si deve registrare, bisogna mettere nome cognome luogo data di nascita codice fiscale misura delle mutande e mappa dei nei, e io sono pigro.

L’occasione è una conversazione su uno dei temi più antichi e ricorrenti nella blogosfera: la fuffizzazione dei contenuti.

La novità in questo caso è che non si tratta di una critica dall’esterno (mainstream, giornali) verso l’interno della blogosfera ma di una riflessione interna di un veterano come Brodo. E un blogger come lui conosce tutti i meccanismi social, codalunga, filtri, conversazioni, tagging, aggregazione etc. etc. che si suppone debbano aumentare la qualità dei contenuti.

L’accusa è invece rivolta ad essi: i contenuti della blogosfera stanno peggiorando. La causa: chiunque si sente in diritto di dire la sua anche su argomenti non di propria competenza.

Penso che ci sia del vero in questo (e, visto che va di moda fare i falsi modesti, potrei aggiungere questo blog ne è una prova) ma che non risieda nella blogosfera in sé ma nella italianità dei suoi componenti.

Se è pur vero che l’inizio di Blog Generation ritrae la rete come amplificazione delle chiacchiere da bar, è vero che si è sempre sottointesa una fiducia positivistica nella rete stessa e nei suoi partecipanti: chi scrive lo fa per partecipare all’intelligenza collettiva, per arricchire il sapere di tutti, per migliorare il social network, etc. etc. Manco tutti fossimo coscienziosi redattori di wikipedia o programmatori del kernel linux.

Errore: la rete non è una evoluzione elitaria della società ma sempre più una rappresentazione della società attuale.

Ci siamo dentro tutti: belli, brutti, dotati di idee o risuonanti a vuoto, arroganti e gentili, cazzoni e cazzari, presenzialisti e solitari, provocatori o ragionatori.

Più si abbassa il filtro all’accesso, da quello fisico della banda larga a quello della difficoltà d’uso degli strumenti, più ci ritroviamo un aggregatore degno di un centro commerciale il sabato pomeriggio.

Siamo Italiani: siamo sguaiati, caciaroni, diamo sulla voce, abbiamo la verità in tasca, siamo fatalisti, non abbiamo colpa di niente, non ci stupisce più niente, ci fidiamo di chiunque ci sappia abbindolare. Ma anche: riflettiamo, apriamo dibattiti, ci informiamo, meditiamo, non raggiungiamo mai una conclusione.

Siamo italiani e difficilmente sappiamo argomentare una discussione in maniera razionale, primato che ho sempre riconosciuto agli internauti anglosassoni. Dieci anni fa bastava confrontare i thread sui newsgroup della gerarchia it.comp.qualcosa con comp.sys.qualcosa. Oggi basta saltare da una tag di blog italiani nell’aggregatore ad una di blog stranieri.

Insofferenza alle regole, da quelle tipografiche (il quoting, il maiuscolo), a quelle logiche (perché dico una cosa, che argomenti ho a mio favore), a quelle diplomatiche (se non so come difendermi attacco la controparte) a quelle strategiche (non so come vincere una discussione, do’ addosso pur di non rinunciare).

La rete non è un filtro in entrata, è un’impastatrice di contenuti e comportamenti. Gli ingredienti che sta impastando ora sono questi. Di che ci stupiamo? Non sono troppo diversi dagli ingredienti che impasta la televisione, solo hanno combinazioni molto più numerose ed effetti nuovi.

Questi effetti sono migliori di qualsiasi impasto televisivo mainstream. Da questo punto di vista sono più fiducioso del mezzo in cui ci muoviamo. E allora sì che ridivento positivista: lasciamo decantare i blogger nostrani nel Grande Frullatore, sarà comunque meglio di Amici. Anche un lolcat è meglio, come dice Clay Shirky in questo video da vedere fino in fondo.

Update: sistemati un paio di link.

Una lunga cena colorata

Blurred lafra’s earring

Originally uploaded by hanfed.

Avendo ammesso in un’altra occasione di saper raccontare meglio con le foto che con le parole (beh, almeno più velocemente), rompo gli indugi e pubblico il set delle foto della Cena Lunga di ieri sera a Milano.

Il locale era poco illuminato e molto colorato. Ho lasciato fare al sensore abbacinato da viraggi lisergici. Mano libera e mosso tollerato: Il flash incorporato è male.

Mancano i titoli, mancano le tag specifiche ma ci sono le foto inserite nel simpatico serpentone social.

Per il resto abbiate pazienza…

Fincipit!

Fincipit!

Originally uploaded by hanfed.

Finalmente è arrivato anche alla BolsoHouse il libro del Fincipit, grazie alla mia libraia preferita che è andata da un grossista Bolognese a cercare l’ultima copia rimasta.

Il libro risultava esaurito al lancio, tutte le copie sono state immesse sul mercato.

Ieri sera sono arrivati i rinforzi e ne sono comparse altre due sullo scaffale.

E’ commovente vedere questa creaturina della blogosfera con tutti i nomi dei partecipanti in coda camminare con le sue gambe.

Bravi eio e Stark, bravi tutti.

%d bloggers like this: