Il keynote di stasera di Apple arriva dopo una lunga serie di eventi simili che hanno contrassegnato la seconda era Jobs dal 1997 ad oggi. L’aspettativa però è seconda forse solo alla presentazione del primo iPhone.
Eppure il copione ce lo si può immaginare facilmente insieme agli eventuali fattori di smorzamento di entusiasmo come disponibilità limitata iniziale, i relativamente pochi contenuti disponibili, immissione sul mercato europeo ed italiano tardiva.
Difatti questi aspetti sono quelli che trattengono noi vecchi utenti dallo spaccare il salvadanaio la sera stessa dell’evento e dall’incollarci ai siti di news (magari anche complice il dover mettere a tavola alla stessa ora due ibabies affamati)
Abbiamo seguito eventi in un’epoca in cui Apple arrancava inseguendo il tradizionale concetto di computer e ricarrozzandolo con l’eleganza e la potenza for the rest of us. Abbiamo passato keynote su keynote a sfatare il mito dei megahertz, a sollazzarci per la collaborazione di nuovi editori di giochi e di una scheda video decente di serie, mentre la concorrenza PC sfornava GPU fumanti macinapoligoni. Ricordo tristemente applausi per una porta firewire sugli iBook (Parigi 2002, se non erro. Del resto i PC manco sapevano cosa fosse, ai tempi).
Era però un’epoca in cui si sperava che il keynote successivo sfornasse l’erede del Newton, una sorta di ipod con schermo e interfaccia firewire (ho il mockup di un improbabile iFire in qualche vecchio mail) e si credeva facilmente a fotomontaggi proprio come oggi. Per questo si perdeva di vista l’evoluzione graduale di una ditta che doveva prima consolidare le fondamenta, sia pur innovando, inseguendo un mercato precostituito, dove un iMac male accolto significava guai seri.
Poi sono arrivati iPod e iPhone, la conquista del mercato PC con iTunes e BootCamp e quindi un’era di liquidità e di nuovo mercato (itunes store, App store) creato da Apple stessa. Da iPhone in avanti Apple ha mano più libera e disegna i contorni dei suoi prodotti e dei suoi servizi. Questo non significa successo automatico, anzi. Piuttosto scrittura delle proprie regole.
E ormai le regole di Apple le conosciamo bene: prodotti ben riconoscibili e interfaccia su tutto. non dimentichiamoci intere sezioni di keynote per un bottone su una finestra del Finder o su un’iApp come iPhoto o iDVD. Ergonomia ed eleganza, mettere in condizioni l’utente di creare, lavorare e divertirsi dimenticandosi quasi dei comandi che sta impartendo alla macchina. Messa a frutto appieno dei building blocks di Mac OS X (OpenGL, Core animation, core audio, etc. etc.). Gentile e fermo allontanamento di chi si discosta dagli utensili ufficiali. E infine calata del prodotto nel mondo reale sullo sfondo di un servizio come iTunes store, dove un utente giovane, sorridente, multirazziale, vestito casual, fruisce del mondo multimediale tutto a portata di dito. L’apoteosi del prodotto olistico, nel bene e nel male, non chiuso ma osservante di regole e componenti che non alterino l’esperienza Apple. Prodotto che prende quel che gli basta dal mondo open source per iscriverlo nel “canone Apple”. Lontano, se non antipodico, al modello Google (con ampie sacche di chiusura anch’esso), un’azienda gestita da ingegneri e non da designer, col focus sulle funzionalità prima che sul “tutto”. Concorrente ideale.
L’attesa c’è anche per noi vecchi utenti, dunque. Apple è vicina alla realizzazione di progettare il personal computing come vuole lei. Speriamo che non ci deluda. Un fatto mi conforta: Apple in genere arriva a darti la feature che manca proprio quando allunghi la mano per cercarla, quando sperimenti qualcosa che vorresti fosse fatto meglio, più elegante, più fluido, più Apple. Io in questi giorni faccio fatica a sfogliare le pagine dei miei eBook sul mio amato e neoarrivato Kindle.
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