Le consultazioni di Bersani con il M5S in diretta sul canale youtube della Camera dei deputati:
Bersani secondo Luca e secondo Leonardo
Due post oggi mi hanno chiarito le sensazioni contrastanti che sto provando durante i giorni di consultazioni di Bersani presidente incaricato su strada difficile. Sono due post da leggere fino in fondo, scritti da due persone che ci credono per quelli che ci credono, anche se fa male guardare la verità in faccia.
In ordine di tempo ho letto prima il post di Leonardo in cui si asserisce l’ineluttabile destino di Pierluigi Bersani, come unico uomo in grado di portare il PD all’autodistruzione consapevole mentre fa gli interessi del paese ma anche quello di un uomo che non ha saputo incantare gli italiani perché si è ostinato a dire la verità:
Bersani, ho sentito dire da molti, ha fallito la campagna elettorale perché non ha saputo incantare gli italiani. Si è ostinato a dir loro la verità e la verità non è una cosa che ti fa vincere le elezioni. Può darsi che abbiano ragione, però alla fine qualcuno che dica un po’ di verità ci deve pur essere. Non possono tutti dire che si possono rendere i soldi delle tasse e non pagare più i debiti. Anche adesso, mentre la situazione comincia a farsi pesante, Berlusconi ha soprattutto in mente i suoi processi, Grillo è su qualche auto a idrogeno sospesa nel blu del cyberspazio, Bersani è sulla stessa terra su cui camminiamo noi. Dovrà fare concessioni disonorevoli, potrà fare qualche riforma sensata di cui anche stavolta gli disconosceranno il merito, ma alla fine non ci resta che lui, e a lui non resta che suicidarsi così. Se poi trovasse qualche altro “tecnico” da mandare al suo posto andrebbe bene lo stesso, ma non si vede chi e per quale motivo gli converrebbe. È un lavoro impossibile, i margini di successo sono ristrettissimi, se non ce la fai sei morto e se ce la fai sei morto comunque. È un lavoro per Pier Luigi Bersani.
(Via Elogio del suicidio assistito – Leonardo Tondelli)
Poi ho letto la nota di Luca pubblicata su Facebook ma meritevole di un blog personale, che viene dalle viscere e parla ai cuori di chi ci crede sul serio.
In questo Paese c’è da ricostruire una sinistra decente, incardinata su gente altrettanto decente, che non passa il tempo a spargere like e livore su Facebook o sui blog contro la kasta. Gente con meno di quarant’anni che magari non partecipava alla Ruota della Fortuna. Gente che non ha insofferenza per le logiche di partito, come Renzi, perché sa che quel partito, quel 25 per cento di persone perbene, possiedono una forza e una storia che va al di là del nuovo/vuoto e delle tattiche che sostituiscono le strategie, per cui prima servivano le primarie, ma adesso in fondo passare da Palazzo Vecchio a Palazzo Chigi andrebbe benone anche così.
(Via Provate a prenderci – Luca Bottura)
Io penso che gli Psicostorici della Fondazione, guardando le loro pareti piene di equazioni proiettate, sanno già dove andremo a parare e che non potremo fare granché per sfuggire al corso degli eventi.
Tuttavia la psicostoria è una scienza statistica e basta l’intervento di un singolo elemento, non prevedibile dalle equazioni cambiare le cose, nel bene e nel male.
In genere in Italia, negli ultimi cento anni, si tende a preferire il male e gli uomini di spettacolo prestati alla politica.
Sarà forse ora che troviamo un Mulo buono?
Coppia di soluzioni coincidenti
In hotel spesso lo shampoo e il docciaschiuma coincidono. In profumeria mai. Qualcuno mente. E il cliente pensa che siate voi.
(Via [mini]marketing: Ancora sul marketing degli hotel, cinque consigli da cliente)
Questo è un dilemma che ho sempre avuto. A casa mi lavo i capelli con uno shampoo scelto tra mille in farmacia dopo anni di prove.
Se in hotel mi azzardo ad usare il docciaschiuma mi ritrovo una tempesta di sebo.
Se qualcuno sa, parli.
P.S.: anche gli altri 5 punti sono assai condivisibili.
Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?
– il senatore Berlusconi Silvio, eletto per la lista “Il Popolo della Libertà” nelle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, ha dichiarato di optare per la Regione Molise;
(Comunicato ufficiale del Senato: Annunzio di opzioni e senatori subentranti – 21 Marzo 2013)
Avevo notato che si era candidato in molte regioni ma non avevo mai fatto il totale: 18.
L’ho scoperto su IlPost a proposito di ineleggibilità.
Deve aver rivisto Ecce Bombo di recente.
Basta chiedere (all’editore)
…e finisce che l’editore Einaudi risponde:
Ci sono @il_many e @diegodatorino che chiedono la ristampa dei Ferri del mestiere di Fruttero e Lucentini, gran libro. Lo volete comprare?
— Einaudi editore (@Einaudieditore) December 12, 2012
Riceve sette risposte, di cui: il primo -Io ce l’ho; il secondo -Oddio sai che poi tutti vogliono diventare scrittori dopo quel libro? Aiuto; e poi tre che dicono che sì l’avrebbero comprato.
Il Popolo della Rete impazza.
(leggi tutto su Cos’è che stiamo a fare qui)
Fu così che un libro non più ristampato come I ferri del mestiere, grazie a Twitter trova una nuova vita e produce anche un blog.
E così nasce La prosa della domenica, per mano di quei ragazzacci di Eio, il Many e Diego da Torino. (oe’ li conosco tutti, eh).
Dovrei esserci abituato a tutta questa socialità ma a me l’idea che il Twitter di Einaudi ci risponda è come se tutte quelle costole bianche in brossura, le righine rosse dei cartonati, i disegnini al tratto e quel magnifico font di tutte le librerie di casa mia mi parlassero. Da qualunque decennio provengano.
I ferri del mestiere l’ho appena ordinato.
P.S.: mi sa che bolsoblog ci guadagnerò un bel tema.
Se questo è un titolo
Repubblica in questo momento cerca di documentare l’intronizzazione di Papa Francesco tramite una mitragliata di link nel titolo e nel sommario. Ho fatto un conto veloce e ne ho contati 26, molti dei quali conducono a singole foto.
Ora io capisco le esigenze monetarie, di SEO, di richiamare attenzione e traffico ma al mio umile occhio di informatico e progettista web questa home page è un’accozzaglia di caratteri, niente più. Fateci caso: il testo del titolo è più alto della foto sottostante.
Si perde qualsiasi senso comunicativo, qualsiasi funzione per il cervello umano di selezione del contenuto in base ai titoli nei link e, ultimo ma non meno importante, il legame semantico tra ancora di un link (il testo su cui si appoggia il link) e contenuto della pagina di destinazione. Per intenderci, manca completamente la relazione che costituisce l’intelligenze di Wikipedia.
A mio parere il degrado dell’informazione online passa anche da queste concessioni selvagge alla ricerca di traffico e alla comunicazione urlata di tipo televisivo.
Il fallimento collettivo
Dopo una notte passata a twittare e a fare proiezioni casalinghe sulle sezioni della Camera rimanenti l’Italia ingovernabile che ne esce il mattino dopo è tutto un rinfaccio reciproco.
Sto leggendo diversi post interessanti e, tra le considerazioni più ovvie, (il PD che non sa interpretare la società attuale, il PDL e Lega che subiscono un crollo di voti pauroso, l’affermazione di M5S) una frase mi frulla per la testa.
Questo è il fallimento della collettività.
Non è il fallimento di una parte politica per mancata conquista della maggioranza, non è lo sgambetto o il complotto di qualcuno (in gergo di SN “gomblotto”), non è il fallimento di un movimento nuovo che è troppo “contro” il resto del mondo.
E’ il fallimento nostro, del 100% di noi, del pensarci come collettività, come somma di pezzi che, alla fine di un’aspra battaglia, di discussioni interminabili, di dibattiti estenuanti, alla fine si deve ricomporre.
Invece per terra ci sono i cocci, pochi grandi pezzi e qualche briciola che non si sa come incastrare.
Napolitano, a 87 anni, vede sfumare il sogno di un fine mandato tranquillo e deve ricominciare a fare l’archeologo che mette insieme i cocci del reperto antico con i pezzi più nuovi.
Napolitano che non ha ancora persone di riferimento con cui aprire le consultazioni nel M5S né forse le avrà.
Cosa farà, si consulterà via Facebook o via piattaforma di Casaleggio?
Servi a poco, o tu formazione nuova, che ti professi paladina della tecnologia se non crei un ponte, un’interfaccia verso il 75% del mondo circostante che è cartaceo e verbale. Anche dopo che avessi abbassato gli stipendi a tutti, neutralizzato i parassiti, e fatto quello che sognavi di fare, hai davanti dei poveri anziani che fanno fatica anche a sapere dove hanno salvato il file della loro lista della spesa.
E te lo dice uno che di tecnologia ci vive e nella tecnologia ci è nato.
Scrive poco fa Luca Sofri:
C’è una cosa che accomuna i tre partiti che hanno preso più voti nelle elezioni di ieri: hanno tutti disegnato un nemico interno da battere, hanno tutti messo italiani contro italiani, e hanno tutti preso di conseguenza un pezzetto di voti, che non supera per nessuno il 25%. Se chiedi a un italiano su quattro di votarti perché gli altri tre sono dei delinquenti, è inevitabile che gli altri tre non ti votino: e prendi il 25%, ben che vada.
[…]
Vincere, in politica, è guadagnare consenso, convincere. Diventare maggioranza. Qualcosa cambierà quando in Italia cambierà questo. Quando qualcuno farà un progetto che pensi a tutti gli altri italiani come suoi potenziali partecipanti, quando qualcuno farà un progetto non per far vincere la sua solita curva, ma per far giocare la nazionale, quando qualcuno penserà alla condivisione del progetto con più persone come a un tesoro e non come a una minaccia, quando il nemico non sarà più una priorità né una necessità: quando la priorità sarà pensarlo amico, e farlo diventare amico. Quando nessuno troverà insopportabile questa ovvia ambizione, definendola ingenua, collaborazionista e via dicendo solo perché non ci è abituato o perché ha poco coraggio: o cambia abitudini e ci fa un pensiero, o è corresponsabile di questo fallimento. E se le cambia, siamo già sulle buona strada.
La kryptonite dei call center
– Pronto, è il signor Federico?
– Sì ma se mi vuole fare una proposta commerciale la fermo subito.
– Non vuole neanche sentire…
– E’ contro la mia religione.
– Addirittura…
– E’ come un’endovenosa non richiesta o una supposta: se servono bene senno’ non è gradevole.
– Arrivederci.
– Arrivederci.
Questo dialogo è realmente accaduto un paio d’ore fa, circa.
Nonostante che abbia tolto dall’elenco il nostro numero fisso di casa e abbia iscritto mia madre al registro delle opposizioni, continuano ad arrivare telefonate dei call center più disparati. Non so quale checkbox di agreement debba aver cliccato ma non riesco a liberarmene.
Il fatto è, caro operatore, che anche se mi vuoi ricoprire d’oro (in equivalente sconti sulle spese) a me non va di essere cercato al telefono. Se occorre mi informo sul tuo sito. Sono timido: la telefonata è un mezzo molto personale. Non amo farne o riceverne se non ho stretta necessità o piacere di farlo. Ho difficoltà persino a chiamare un taxi, figurati.
Ho provato a spiegartelo, ho ascoltato varie offerte e ho notato che ogni tentativo di confronto diventa un appiglio per appiopparmi la vendita.
Quest’estate abbiamo fatto 40 minuti di telefonata con un telefonista di Napoli che non ci ha lasciato in pace finché non ci avesse spedito un contratto di un fornitore di energia che “avremmo potuto stracciare subito dopo”.
Per sua sfortuna nella registrazione telefonica obbligatoria ho risposto con formula dubitativa (“accetterò le clausole quando mi spedirete il contratto”). Il giorno dopo mi ha richiamato un collega e mi ha detto che per un problema tecnico andava rifatta. Ho detto no, grazie. Mi avete fatto passare un contratto vincolante con 10 giorni possibilità di recesso scritto via fax per una nota informativa. “Il mio collega ha sbagliato, tutti possono sbagliare”. Vero. Interessante però sbagliare dopo 40 minuti di sceneggiata napoletana (“risparmiate, vi fate una pizza a nome mio, ue'”) in cui non mi hai mollato finché non ho fatto quello che hai voluto tu (o quasi).
(non me ne vogliano i Napoletani, non generalizzo, vi adoro, sono empatico con voi, ma il ragazzo ha fatto di tutto per ricadere nello stereotipo).
Ho perciò deciso di dire la verità: “non mi interessa ricevere alcuna proposta commerciale”. Senza condizioni, punto e basta. Non voglio la tua pentola d’oro. Non al telefono quantomeno.
E così ho scoperto la kriptonite: quella frase stronca sul nascere qualsiasi tentativo di retention o di accalappiamento. Molto meglio di un improperio o di mandarli a quel paese. Anche e soprattutto perché chi ti telefona è un precario sottopagato che non ha colpa ed è solo programmato per trattenerti. Ho fatto il call centerista anch’io, ragazzi, vi capisco (avevo un ruolo tecnico ma capisco lo stesso la posizione) e spesso vi saluto e vi auguro buon lavoro e buona fortuna. Ma ricordate ai vostri superiori:
Non mi interessa ricevere alcuna proposta commerciale.
I tempi di Apple
John Moltz su Macworld risponde a chi si aspetta una novità dietro l’altra da parte di Apple:
There seems to be a persistent myth that Apple churned out a groundbreaking products every quarter under Jobs. In reality, it was three years between the iMac and the iPod, another six before the iPhone was released, and then three more prior to the iPad. The fact that Tim Cook’s Apple has not unveiled a new product category since the original iPad is not a colossal fail of epic proportions. In fact, you could argue that the fact that Apple is not rushing something out the door is a sign that it’s operating its business as usual. The company is releasing products on its own schedule, not at the whim of pundits or analysts.
La screenshot ANSA di Beppe Grillo
La notizia è che Beppe Grillo caccia Favia e Salsi con un tweet e in un post sul suo blog rivendica il successo delle primarie e la presenza di democrazia interna.
Il post è aperto da un video del canale di Beppe Grillo che recita lo stesso messaggio presente nel testo. Il video di Grillo è quindi liberamente disponibile sia sul suo blog che su youtube. La licenza richiesta è la Creative Commons 2.0 Attribuzione – non commerciale – non opere derivate (A proposito esiste la CC 3.0).
Il pezzo di Repubblica.it è illustrato da una screenshot targata ANSA.
Premesso che una pagina non a pagamento può essere interpretata come non commerciale (se si escludono i banner). Perché il redattore non si è scattato una screenshot da sé?
Possibili risposte:
- Non lo sa fare
- Non voleva linkare il blog di Beppe Grillo
- Voleva lasciare le beghe di copyright all’ANSA
- Caricare una foto sul CMS di Repubblica.it è un incubo
- Altro?
Update: ne aveva già parlato Nicola D’Agostino in SCREEN SHOOTING IS HARD: LET’S GO SHOPPING (FOR COPYRIGHTED BLURRED IMAGES)!