BlogDay 2006

Pare che oggi tocca proprio partecipare al

BlogDay 2006 » Italiano – Cos’è il BlogDay?:

In un lungo momento del 31 Agosto, i blogger di tutto il mondo posteranno una raccomandazione di 5 nuovi blog, preferibilmente blog differenti dalla loro cultura, da loro punto di vista e dalle loro attitudini. Quel giorno, tutti i lettori di blog si troveranno a navigare e scoprire nuovi e sconosciuti blog, celebrando la scoperta di nuove persone e nuovi blogger.

(Via BlogDay.)

Quando ho cominciato a spulciare i miei 414 feed mi sono subito reso conto che cinque segnalazioni sono pochissime e che non è facile scegliere un criterio con cui selezionare i blog da mettere in lista: l’amicizia è il primo che viene in mente, ma anche la tecnologia o l’abitudine. Alla fine mi sono fatto una domanda: da chi imparo qualcosa ogni tanto?

43folders.com – Merlin Mann e i suoi piccoli e grandi consigli di produttività personale. Per chi ha una gestione temporale cronicamente incasinata.

Reporter Diffuso – Marco Montemagno ha smentito l’immagine plasticosa da Sky TG incrociato con la CNN. Sul blog, oltre a veloci segnalazioni e meme sull’ultimo servizio web 2.0, le sue analisi dei fenomeni di social network meritano una sosta di lettura nell’aggregatore.

Momoblog – Massimo Morelli abita qui vicino e meriterebbe maggiore fama rispetto ai nomi più famosi tra i blogger italiani per l’attenzione a certe notizie e un suo speciale punto di vista. Un maratoneta dei blog. Benché il suo blog mi interessi per notizie scientifiche e recensioni di libri, riesce sempre a farmi pensare al Due Madonne ogni volta che passo da San Lazzaro. Per un analfabeta sportivo è l’ennesima prova della pervasività del mezzo. 🙂

Daring Fireball – John Gruber e le sue impietose e dettagliate analisi del mondo Apple. Una prosa spassosa, uno stile unico curato maniacalmente anche nella veste tipografica. Mai un articolo prima che sia passata l’onda della notizia del momento. Mai un saggio scritto senza riflettere. Mai un pezzo corto… 🙂

~stevenf – Steven Frank è uno dei geniacci della Panic, la software house di Transmit. Scrittura sagace che denota le stesse idee brillanti che troviamo nelle sue creazioni. Un punto di vista sempre interessante sul mondo Apple ma anche sulla tecnologia e sul mondo videoludico (Nintendo DS in particolare).

Fuori concorso per ovvi motivi metto il mio piccolo Tatino, nel secondo anniversario della sua prima rinascita.

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Nominare il Signore in Autosole

LE VIE DEL SIGNORE SONO INTASATE :

La Repubblica informa che domenica prossima un manipolo di Papaboys presidierà l’autogrill di Cantagallo per diffondere il Verbo tra chi ritorna dalle vacanze. Non ce n’era bisogno. Dopo 8 ore di coda, il Signore sarà già sulla bocca di tutti. E pure la Madonna.

(Via Il blog di Gago 2.0.)

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Chris Pirillo: .INFO Domains are .DEAD

.INFO Domains are .DEAD:

Can anybody point me to a single .INFO domain that isn’t junk? All I see is .SPAM and .CRAP. The .INFO TLD has “officially” been co-opted by idiots. I can only think of a few reasons why you’d want to register a .INFO domain:

  • You’re a spammer
  • You’re a marketer (read: potential spammer)
  • You’re misinformed
  • You’re a brand masochist
  • You couldn’t get .COM, .NET, .ORG, .US, or .MXYZPTLK
  • You registered when .INFO was well-intentioned

If you’re a .INFO owner, sell it to a spammer and rebrand yourself – please. For goodness sake, let’s take a mulligan and pretend this whole .INFO thing never happened. I suppose .BIZ is just as .BAD! The only TLD the world really needs is .XXX – which would make filtering a helluva lot easier.

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(Via Chris Pirillo.)

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Google alla convention di Star Trek

Stardate 0817.06:

Did you ever realize that among many other things, Star Trek predicted blogs? Think about it — all those “Captain’s log” and “personal log” entries that Kirk would make. He was definitely a blogger. And of course the communicator-inspired cell phone design. And the crew was constantly asking the ship’s computer for information…sort of like Google.

(Via Official Google Blog.)

Sarà che da Star Wars fan, le iniziative dei “cugini” Trekker mi fanno storcere il naso, ma il paragone fra i servizi di Google realizzati comprando prodotti esistenti come SketchUp, qui presentati come la fantascienza fatta realtà, mi sembra tirato per i capelli.

Sarebbe bello andarci o almeno dare un’occhiata, in ogni caso: è il quarantennale di Star Trek e Google presenta nuovi prodotti, chissà se rigorosamente in beta.

P.S.: ma a queste manifestazioni non si trova mai uno scenografo pentito che fa abiura dei pianeti con le rocce di cartapesta al cui confronto i presepi di parrocchia vincono l’Oscar per gli effetti speciali? E che dire dei monitor con le carte stellari, sul ponte dell’Enterprise nella serie classica che sono appunto fatti di carta?

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John Gruber sugli annunci WWDC 2006

Regarding the Hardware Announcements at WWDC 2006:

Notebook market share is much more indicative of the overall interest in the Mac platform.

[…]

Apple’s “i” prefix is really rather curious, if you think about it. Originally, it ostensibly stood for “Internet”, in that the original iMac was introduced as the “Internet” Mac. But that connection between the “i” and “Internet” quickly faded away, and the “i” has more or less come to mean “fun consumer-level product from Apple”, which really has no logical connection with the letter “i”. The most famous iProduct of all — the iPod — has nothing whatsoever to do with the Internet. (iTunes does, but not the iPod itself.) In this larger “i” context, “iMac” fits perfectly, and what seems odd is the fact that the non-pro MacBooks lost their “i”.

(Via Daring Fireball.)

Il consueto articolo di approfondimento di John che si distingue per non seguire le cose dette e stradette nel buzz della blogosfera.

Ho selezionato due passaggi che mi hanno colpito:

l’osservazione sulla quota di mercato misurata con il segmento dei portatili è molto sensata. Ne ho trovato una personale ed empirica conferma nel mio ambiente di lavoro, tradizionalmente intel-centrico in cui, da singolo utente Mac, su 300 persone ho visto aumentare il numero di portatili di colpo negli ultimi mesi. Pochi in assoluto ma rilevanti in percentuale e soprattutto da parte di persone che mai si sarebbero interessate prima al Mac.

Altra conferma durante la conferenza GARR/Terena 2006 cui ho partecipato come staff di streaming (ho un post in arretrato al proposito): nell’ambiente scientifico e accademico la quantità di iBook e Powerbook anche al banco dei relatori andava ben oltre la fluttuazione casuale a tre sigma. 🙂

Sul ruolo della “i” ricordo una pagina sepolta nel sito Apple ma che ora non riesco a ritrovare. Prometto update. Non ridete.

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Dave Winer e i supposti Mac crash

Una bella risposta su Betalogue alle lamentele di Dave.

Pur non condividendo l’acidità di Pierre, sottoscrivo in pieno la critica al puro dare addosso al Mac senza brigarsi di investigare minimamente il problema.

La facilità d’utilizzo del Mac OS ha come contropartita la pretesa del “deve funzionare tutto e subito”, senza fermarsi un momento a pensare se le preferenze del proprio utente sono stracariche di roba, se i filmati che si cercano di importare (perché di video editing si tratta) sono di un formato pienamente compatibile e da una fonte DV (ho visto tentativi di montaggio con iMovie di filmati provenienti da telecamere MPEG-4 non supportate).

Almeno fare la prova con un nuovo utente non sarebbe male. O una ricerca al volo sui forum Apple.

Per fortuna che Leopard prevede espressamente la creazione di utenti temporanei autodistruggentesi per fare questo tipo di debug.

P.S.: questa la risposta di un dipendente Apple.

Update: una precisazione di Dave che elenca i software istallati e il modello di Mac (dual G5). Ancora non basta a spiegare il perché dei crash ripetuti.

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I video dello sbarco sulla Luna

In breve: la NASA ha smarrito i nastri originali fra le migliaia di scatoloni del suo magazzino. Si tratta delle registrazioni in formato non standard a risoluzioni relativamente alta dello sbarco che fu trasmesso in diretta TV tramite “transcodifiche” artigianali che ne abbassavano inevitabilmente la qualità, producendo i filmati nebbiosi che tutti abbiamo nel cuore1.

Interessante come cambia il punto di vista passando dall’articolo generalista di Repubblica alle considerazioni imprecise ma sagacemente comiche di Beppe Grillo all’analisi spietata e razionale di Paolo Attivissimo che mi ha dato lo spunto per questa segnalazione.

Ah, potenza dell’aggregazione!


  1. La leggenda vuole che un ignaro infante a 10 mesi venne tenuto sveglio a notte alta in quel luglio 1969 per poter dire io c’ero. Francamente non mi ricordo niente ma c’è una foto a dimostrarlo e il fatto che curiosamente mi commuovo ogni volta che vedo quelle immagini.

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Il cinema digitale cambia la recitazione

How shooting digitally changes acting:

The answer: a lot. “I think shooting in digital changes acting as much as film changed stage acting, or as sound changed film,” said Bill.

Why? Because film costs a lot and must be used sparingly, while digital tape is practically free.

(Via The Long Tail.)

Questo interessantissimo post di Anderson mi ravviva la sensazione che provo scattando fotografie con la mia Nikon D100, dopo 20 anni di onorato servizio da buon fotoamatore diapositivomane con due reflex Contax e Yashica.

La pellicola non conta, non costa nulla, c’è’ una sorta di tariffa flat sulle fotografie (metafora del buon NaPorcu), le inquadrature si ritoccano in pochi attimi (con i negativi si doveva sudare in camera oscura o pagare care le stampe professionali in laboratorio). Il magico numero delle 36 pose, limitato fisicamente dalla ristrettezza della paghetta da ragazzini rimane così impresso nella mia mente che limito il numero di scatti da fare, perdendomi momenti e ricordi che non stanno certo ad aspettare.

D’altro canto l’agire sempre in sicurezza, senza limiti rende tutto troppo facile, moltiplica gli scatti alla ricerca di quello buono, facendoti ritrovare con la solita carrettata di “cartoline”.

E soprattutto la fatica viene spostata al dopo: un compleanno o una pizzata producono facilmente un centinaio di foto che andrebbero scelte, etichettate (per non dire taggate, vero, Luca?), corrette nell’inquadratura e nei colori, mandate in stampa alla vecchia generazione che non ama o non può vedersi le foto sul monitor. Spesso la pigrizia prevale.

Per fortuna c’è la scuola di guerra delle diapositive: un orizzonte storto, una sovraesposizione ed erano da buttare. Pensare prima di scattare. Secondo me è un consiglio ancora valido.

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