Google Reader vs Friendfeed: guerra a colpi di commenti

Poco fa ho condiviso un elemento via Google Shared Items e mi sono accorto della possibilità di aggiungere un commento

Una breve ricerca nello stesso Google Reader mi ha rivelato questo botta e risposta:

Google Reader, Google’s online feed aggregator, has finally added commenting functionality, allowing friends to discuss their shared items.

[…]

On the same day that feature was released, Paul Buchheit announced via Twitter that FriendFeed would automatically import these notes, enabling the conversation to continue over on FriendFeed instead, so many Google Reader users have already been doing this for some time.

(via Google Reader Adds Comments)

Il mio commento “attacco frontale a friendfeed” non è più giustificato… se solo fossi riuscito a leggerlo su FriendFeed!

Update: maggiori dettagli su Google Reader Blog e sulle pagine di help.

iWork ’09 – l’Ufficio del 2009 su Applicando

iwork09.jpg

Su Applicando di Marzo è uscito il focus su iWork ’09.

L’abbiamo scritto a quattro mani con Beniamino che ha curato gran parte del pezzo (Pages, Numbers e l’introduzione generale).

Io mi sono occupato di Keynote ’09, cercando di cogliere, attraverso l’analisi delle nuove feature, la direzione verso cui sta andando Apple con l’evoluzione dei propri software. Un punto di vista che ho cercato di mantenere anche con i prossimi articoli su iLife ’09.

C’è una linea editoriale precisa già in Mac OS X, che per definizione di sistema operativo sarebbe in linea di principio un software di utilizzo generale, ma ancora più spiccata nelle iApps, vero e proprio invito alla creatività digitale.

Un caffé alle macchinette a chi indovina a che ora ho finito di scrivere l’articolo.

Reality check: l’avvocato di Beppino Englaro ed altro ancora

Devo ringraziare pubblicamente Sergio che, nel momento più buio dei giorni convulsi sul caso Englaro, ha indicato un faro, un binario per guidare lo sbando collettivo:

Reality check. Ecco, secondo me potrebbe essere una buona via d’uscita da questa pericolosa fase della vita democratica italiana, in cui chi parte per la tangente detta le regole del gioco e si porta dietro tutti, invece di essere energicamente richiamato all’ordine. Viviamo una realtà spesso costruita su certezze di terza o quarta mano, abbiamo bisogno di ingenti verifiche di corrispondenza con la realtà. Non saltuarie, ma costanti e distribuite. A cui ciascuno di noi è chiamato contribuire secondo le proprie competenze. Oggi abbiamo la voce pubblica per farlo, abbiamo il canale per mettere a disposizione quanto sappiamo.

(via Se tornassimo ai fatti » Sergio Maistrello)

.

In questa vicenda si è cavalcato una questione delicatissima a colpi di slogan, insulti e messaggi (capziosamente) semplificati. Ci sono aspetti giuridici e medico-neurologici che io non mi permetterei di discutere come non permetterei ad un medico di polemizzare su come e perché ho dimensionato un web server o un database.

Impieghiamo qualche minuto ad approfondire qualche reality check. Naturalmente non si tratta di verità dogmatiche o incontrovertibili (le prime non esistono, le seconde sono rare) ma di buoni punti di partenza. Segnalo:

  • Il post di Antonella con diversi link, da Giovanni Bachelet, Ingazio marino e Umberto Veronesi (aggiungo solo una nota: aboliamo l’espressione “buon senso”, si presta troppo per tutte le stagioni)
  • il corposo editoriale di Stefano Rodotà scritto 24 ore prima della morte di Eluana Englaro.
  • L’intervista a Giuseppe Campeis, l’avvocato di Beppino Englaro, da cui emerge un ritratto del tutto opposto alle accuse di Marxismo che ha ricevuto:

    Mister 100 mila euro ha lavorato gratis. Lo chiamano così, a Udine. Dicono che per sedersi di fronte a lui, quella sia la cifra minima. A Beppino Englaro non ha chiesto una lira. «Credo nel mio mestiere. Mi illudo ancora di vivere in un Paese ordinato, come lo era una volta l’Austria, dove le sentenze si rispettano, dove c’è la separazione tra i poteri. Come cattolico, non mi sento in contraddizione. Questa era una battaglia di diritto».

    […]

    È stata una vicenda estrema, come la determinazione di Beppino Englaro a compiere la volontà della figlia. Quell’uomo è un simbolo di speranza, perché ha dimostrato che in questo Paese c’è ancora spazio per persone che credono ai prìncipi e alle regole. Per questo rimango convinto che ne sia valsa la pena».

    (via «Volevano il golpe, così l’ho sventato» – Corriere della Sera grazie a Daria che me l’ha fatto trovare sul browser)

Gli uomini sono tra noi

life.gif

This tree is from an analysis of small subunit rRNA sequences sampled
from about 3,000 species from throughout the Tree of Life. The species were chosen based
on their availability, but we attempted to include most of the major groups, sampled
very roughly in proportion to the number of known species in each group (although many
groups remain over- or under-represented). The number of species
represented is approximately the square-root of the number of species thought to exist on Earth
(i.e., three thousand out of an estimated nine million species), or about 0.18% of the 1.7 million
species that have been formally described and named. (Tree of Life pdf, 368 KB)

(via David M. Hillis, Derrick Zwickl, and Robin Gutell, University of Texas),

Grazie a Massimo Morelli che legge il New York Times:

If biologists do ever succeed in drawing the tree of life, it will look profoundly different from Darwin’s sketch. Lineages do branch as they evolve, but sometimes the branches join back together. […] When biologists draw the relationships of some groups of plant species, their pictures look more like webs than trees.

In other cases, genes don’t have to wait for two species to come together — they simply leap from one branch of life to another.

[…]

“Each gene has its own evolution. It’s not inherited from mother to daughter; it’s inherited from a neighbor,” said Peer Bork of the European Molecular Biology Laboratory.

(via Scientists Crunch Data to Build an Evolutionary Tree of Life – NYTimes.com)

Vedi anche: Homo homini loop.

Come lacrime nella pioggia

Non siamo un grande paese. E sappiamo di non esserlo. E queste due cose si mordono la coda.

[…]

Forse dovrebbe essere “non siamo mai stati un grande paese, ma cominciamo a esserlo”. Non ce la raccontiamo, ma proviamoci.

via Certe mattine piovose | Wittgenstein

E così capita, nell’arco delle poche ore di luce di questo 6 febbraio del cazzo, che una buona esortazione postata alle 9:48 del mattino si scontri con il peggior ricorso storico che la peggio italianità degli anni 2000 è stata in grado di produrre.

Alle 5 del pomeriggio la realtà aveva superato la fantasia.

Forse ce la possiamo fare, Luca, dopo aver smesso di fare i coltivatori di orticelli, i voltagabbana, gli ossequiapotenti, gli artisti dell’arrangiarsi, i procrastinatori, i pressapochisti, i tantocipensaluisti, i sorpassatori a destra, gli evasori fiscali, gli zozzi, gli ignoranti, i protervi, i menefreghisti, i lucidasuvladomenica, i distinguisti, i correntisti, i nonvoglioesprimereunaposizionisti, i profittatori, i tantoiodipoliticanonmiinteressisti, i passatori col rosso, gli apritori di dibattiti, i dimenticatori della propria storia, i revisionisti, i limatori di spigoli, i chiuditori di un occhio, i lei non sa chi sono io, gli ho amici molto in alto, i mediatori dell’immediabile, gli alzatori di spallucce, gli eternamente miopi, gli irrimediabilmente italiani.

Non siamo un paese di merda, hai ragione: siamo un paese in ammollo. In una cloaca. E ci proviamo pure gusto.

Update: un bel post riflessivo di Mante riprende il discorso del valore del borbottìo.

Ripasso: scuola di giornalismo

In testa la notizia essenziale o più recente. Di seguito i fatti di contorno, in fondo le cose accessorie.

OK, let’s get started:

Quando il focus della notizia è il caso Englaro e il tentativo di decreto:

CNN

[Dopo 16 paragrafi e oltre 3300 battute su 4200]

The case has been a controversial one in Italy, a heavily Catholic country where the Vatican has great influence.

Last Sunday, Pope Benedict XVI told pilgrims that “euthanasia is a false solution to suffering.” Tuesday morning, a top Vatican official was quoted in the Italian media saying, “Stop the killer hands.”

via Italy blocks comatose woman death bid – CNN.com

Bloomberg

[in coda a 7 paragrafi per un totale di 2166 battute]

Euthanasia is illegal in Italy, though patients have the right to refuse treatment. The law is unclear on whether refusal is permitted if the decision will lead to death, and also on what constitutes medical aid. The Englaro case has also attracted the attention of Pope Benedict XVI, who said Feb. 2 that the court decision provided a “false” answer to suffering.

via Bloomberg.com: Europe

BBC

[dopo 12 paragrafi e 1664 battute e questa precisazione]

Although opinion polls in Italy show the public is split over this case, the government now appears to have decided to adopt the position taken by the Catholic Church, our correspondent adds.

[ecco la stringata dichiarazione]

Senior Vatican officials have, in recent months, described attempts to stop feeding Ms Englaro as euthanasia. One cardinal said it amounted to murder.

On Sunday, Pope Benedict XVI added his voice to the debate about euthanasia, calling it a “false solution” to the tragedy of suffering

via BBC NEWS | Europe | Italian right-to-die move blocked

Quando il focus è il Vaticano e le sue influenze sulla politica italiana:

Financial Times

[paragrafo di apertura]

Pressure from senior Roman Catholic clerics has provoked an institutional crisis in Italy over the highly emotional case of a father seeking the right of his daughter to die having lain in a coma for more than 16 years.

[l’approfondimento, dopo 4 paragrafi]

The action brings fresh attention to the Catholic Church, following criticism of the Pope last Tuesday by Angela Merkel, the German chancellor, for his controversial rehabilitation of a bishop who expressed doubts in a recent interview as to whether the Holocaust had really happened.

via FT.com / World – Vatican provokes crisis over right to die

I giradischi non suonano da soli

Cartello MediaWorld sui giradischi che non suonano da soli

Quando l’ho visto pensavo fosse un effetto dello stordimento da passeggiata in grande centro commerciale durante le vacanze natalizie. Poi ho pensato che fosse una battuta sardonica degli addetti alla sala ascolto hi-fi del negozio: non si trattava certo un di un piatto di riferimento Thorens ma solo di un giradischi USB per importare i vecchi vinili direttamente in digitale.

Infine, tristemente, l’ho presa come un segno dei tempi: le masse, le greggi, di persone che vanno in un megastore non sanno che un tempo esistevano gli impianti hi-fi a componenti separati, abituati al pollice sul tasto play del lettore mp3, probabilmente pensano che il suono esca da qualche parte arrangiandosi da sé.

Portiamoci t a + 10 anni, anzi basta un + 5 anni: un lettore USB 3 di CD/DVD da 49,99 euro su uno scaffale ci intimerà di non avvicinarci senza un collegamento ad Internet e la nostra Cross Platform MusicID, altrimenti non suonerà da solo il vostro dischetto di plastica iridescente.

P.S. ieri sera, la giovine 35enne che mi stava tagliando i capelli mi ha rivelato che sua madre possiede un disco originale dei Beatles, Get Back:

non mi ricordo più, quelli piccoli erano… come si dice? A 45 o a 33…? Beh, nella casa nuova lo incornicerò perché è troppo bello…

La strategia di prudenza delle carte di credito

In recent months, American Express has gone far beyond simply checking your credit score and making sure you pay on time. The company has been looking at home prices in your area, the type of mortgage lender you’re using and whether small-business card customers work in an industry under siege. It has also been looking at how you spend your money, searching for patterns or similarities to other customers who have trouble paying their bills.

via Your Money – American Express Watched Where You Shopped – NYTimes.com

Qualcuno (non ricordo chi) mi aveva detto che dopo i mutui subprime la prossima vittima sarebbe stato il sistema delle carte di credito.

Questo articolo del NYTimes, al solito ben documentato e ricco di dichiarazioni dei portavoce delle carte di credito, sembra dare qualche indizio: non solo i nostri pattern di spesa vengono analizzati ma anche quelli di altri clienti che effettuano spese presso gli stessi rivenditori. Se lo stato finanziario e la solvenza di questi ultimi non viene ritenuto soddisfacente allora anche la nostra linea di credito viene rivista.

Il meccanismo riguarda le debit card americane, diverso dal nostro e le pratiche di analisi sono state cambiate di recente facendo un passo indietro.

I segnali di crisi tuttavia restano e mi sembrano particolarmente preoccupanti per chi è abituato ad acquistare beni e servizi via Internet.

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