Giornalismo, politica e accuse di comunismo

Pochi giorni fa ho visto in televisione una cosa che voglio condividere integralmente. Si tratta di giornalismo, politica e accuse di comunismo. A parlare è un giornalista e conduttore di una nota trasmissione televisiva.

I nomi sono stati oscurati: sono il contenuto, i metodi e le argomentazioni ad essere interessanti. Ho usato il termine politico al posto di nome e carica. Comprenderete che è il minimo in tempi di talk show oscurati e par condicio.

Sette giorni fa il politico è comparso in questo programma per correggere eventuali errori della puntata del nove marzo. Poiché non ha fatto alcun riferimento a quanto mostrato in quel programma dobbiamo concludere che non ha riscontrato errori da parte nostra.

Ha dimostrato ancora una volta che chiunque lo smascheri, chiunque non sia d’accordo con la sua isterica mancanza di rispetto per la decenza e la dignità umana e per i diritti garantiti dalla Costituzione deve essere necessariamente o un comunista o un simpatizzante. Mi aspettavo in pieno questo trattamento.

Il politico ha aggiunto il mio nome alla lunga lista di indivitui e di istituzioni che accusa di essere al servizio della causa comunista. Il suo schema è molto semplice: chiunque critichi o si opponga ai metodi del politico deve essere un comunista. Se questo è vero ci sono moltissimi comunisti nel nostro paese.

Ma prendiamo in considerazione alcune delle accuse mosse dal politico.

Egli ha dichiarato, ma senza mostrare prove che io sono stato membro dei Lavoratori Industriali del Mondo. Questo è falso. Non sono mai stato membro di questa associazione e non ho mai chiesto di diventarlo.

Il politico ha dichiararto che il Prof. […] mi ha dedicato un libro. Questo è vero. E’ morto. Era un socialista e io non lo sono. Era uno di quegli indidui illuminati che non pretendono che gli altri condividano i loro principi politici per poterci parlare o per farci amicizia. Io non condivido le sue idee politiche pure. […], come dice chiaramente nell’introduzione, mi ha dedicato il suo libro
non perché avessimo le stesse idee politiche ma perché aveva molto apprezzato le mie trasmissioni […] durante la […]. E adesso voglio leggervi la dedica.

Credevo 20 anni fa e lo credo ancora oggi che gli […] maturi possano parlare e discutere nell’ambito dello scontro fra ideologie con i comunisti di qualunque parte del mondo senza esserne contaminati o convertiti. Credo che la nostra fede, la nostra convinzione, la nostra determinazione siano e che quindi noi siamo in grado di competere con successo non soltanto con il numero di […] ma anche con la qualità delle idee.

Io lavoro alla […] da oltre 19 anni, l’azienda ha sempre sottoscritto pienamente la mia lealtà di giornalista e di cittadino […]. Non ho alcun bisogno che un politico venga qui a farmi delle prediche sui pericoli o i terrori del comunismo. Ho riflettuto sul mio passato e sulle mie scelte e non posso dire di essere stato sempre giusto o saggio ma ho cercato la verità con una certa diligenza e ho cercato di raccontarla anche se, come in questo caso, mi avevano avvertito che sarei stato oggetto delle “attenzioni” del politico.

Speriamo di poterci occupare di problemi più interessanti la prossima settimana.

Buona notte, e buona fortuna.

Per non rendere troppo ovvia la soluzione ho dovuto coprire luoghi e altri dettagli con degli omissis, non me ne vorrete spero.

Per il momento vi invito a indovinare i protagonisti del video che (suggerimento) ho visto solo su Sky Selection. Il premio è il solito caffé alle macchinette. A breve la soluzione.

Vodafone, punti scaduti e ricorsi al TAR

Di seguito il testo di una mail che manderò a Vodafone appena trovo il link contatti sul loro sito.

L’eventuale risposta sarà pubblicata su questo blog.

Cara Vodafone,

i miei punti Vodafone One accumulati nel 2008 sono scaduti il 3 marzo, l’altro ieri. Clicca sull’immagine e controlla tu stessa:

Vodafone One punti scaduti

Mi avevi avvertito sia sul tuo sito web che via sms; avevi addirittura prorogato la scadenza dal 28 febbraio al 3 marzo 2010.

Avevo messo l’avviso su iCal ma ho dormito poco, ho due figli piccoli di cui uno con il virus gastrointestinale, sai, di notte chiamano, di giorno tocca andare a riprenderli, poi la casa, il lavoro, le cavallette.

Il 3 marzo alle 23:59 dormivo della grossa, non ho potuto resistere al colpo di sonno.

L’errore è tutto mio, nella raccolta punti sono un dilettante allo sbaraglio.

In un primo momento ho pensato: aspetto un altro anno; del resto il solerte messaggio del sito mi dice:

Ti ricordiamo che hai 608 punti, accumulati nel 2009 e non ancora utilizzati, in scadenza al 28/02/2011.

(e, stai sicura che nel 2011, non si ripeterà l’increscioso errore).

Poi ho pensato: questo è un vulnus alla diritto alla raccolta punti. Ci sono fior di ricariche e promozioni trimestrali rimaste lontano da me per un vizio di forma. Non possono rimanere senza rappresentanza. E’ un grido di dolore che non può rimanere inascoltato.

Convocherò una riunione di condominio straordinaria, si può fare, siamo solo due unità immobiliari.

Posso organizzare una manifestazione di piazza di quasi 3 persone, vicino alla baracchina dei gelati del Meloncello.

Potrei anche riuscire ad avere udienza dal Presidente della Repubblica prima dello scadere del settennato.

Ma il ricorso al TAR proprio non ce la faccio: gli avvocati costano, la burocrazia mi spaventa.

Del resto da domani potremo tutti pagare le tasse in ritardo, iscrivere i figli a scuola oltre il limite massimo, pagare il conto al ristorante a babbo morto.

Orsù, Vodafone, me li riaccrediti questi punti?

iPad vs. Kindle

Il primo vantaggio del Kindle è di essere un gateway istantaneo verso una cospicua fetta del catalogo di Amazon. Niente spese di spedizione, clic su Shop in the Kindle Store e via.

L’interfaccia a pirullo multidirezionale è roba da anni ’90 che fa dimenticare il beneficio della lettura su display e-ink. La gestione della collezione di libri completamente assente.

E se Amazon si limitasse a metterci il catalogo e a raccogliere i profitti?

As for Amazon, they might wind up delighted with this thing. Apple’s in the business of selling devices first, content second. I think Amazon is in the content business first, the device business second. A world where Kindle hardware sales pale in comparison to the iPad but where there’s a very popular Kindle app for iPad that competes against iBooks is not a bad situation for Amazon. Apple is only selling e-books for use on their own devices; Amazon is willing to sell e-books anywhere they can.

(via Daring Fireball: Various and Assorted Thoughts and Observations Regarding the Just-Announced iPad)

Il Tablet dopo tanti keynote

Apple Media Event January 27th.jpeg

Il keynote di stasera di Apple arriva dopo una lunga serie di eventi simili che hanno contrassegnato la seconda era Jobs dal 1997 ad oggi. L’aspettativa però è seconda forse solo alla presentazione del primo iPhone.

Eppure il copione ce lo si può immaginare facilmente insieme agli eventuali fattori di smorzamento di entusiasmo come disponibilità limitata iniziale, i relativamente pochi contenuti disponibili, immissione sul mercato europeo ed italiano tardiva.

Difatti questi aspetti sono quelli che trattengono noi vecchi utenti dallo spaccare il salvadanaio la sera stessa dell’evento e dall’incollarci ai siti di news (magari anche complice il dover mettere a tavola alla stessa ora due ibabies affamati)

Abbiamo seguito eventi in un’epoca in cui Apple arrancava inseguendo il tradizionale concetto di computer e ricarrozzandolo con l’eleganza e la potenza for the rest of us. Abbiamo passato keynote su keynote a sfatare il mito dei megahertz, a sollazzarci per la collaborazione di nuovi editori di giochi e di una scheda video decente di serie, mentre la concorrenza PC sfornava GPU fumanti macinapoligoni. Ricordo tristemente applausi per una porta firewire sugli iBook (Parigi 2002, se non erro. Del resto i PC manco sapevano cosa fosse, ai tempi).

Era però un’epoca in cui si sperava che il keynote successivo sfornasse l’erede del Newton, una sorta di ipod con schermo e interfaccia firewire (ho il mockup di un improbabile iFire in qualche vecchio mail) e si credeva facilmente a fotomontaggi proprio come oggi. Per questo si perdeva di vista l’evoluzione graduale di una ditta che doveva prima consolidare le fondamenta, sia pur innovando, inseguendo un mercato precostituito, dove un iMac male accolto significava guai seri.

Poi sono arrivati iPod e iPhone, la conquista del mercato PC con iTunes e BootCamp e quindi un’era di liquidità e di nuovo mercato (itunes store, App store) creato da Apple stessa. Da iPhone in avanti Apple ha mano più libera e disegna i contorni dei suoi prodotti e dei suoi servizi. Questo non significa successo automatico, anzi. Piuttosto scrittura delle proprie regole.

E ormai le regole di Apple le conosciamo bene: prodotti ben riconoscibili e interfaccia su tutto. non dimentichiamoci intere sezioni di keynote per un bottone su una finestra del Finder o su un’iApp come iPhoto o iDVD. Ergonomia ed eleganza, mettere in condizioni l’utente di creare, lavorare e divertirsi dimenticandosi quasi dei comandi che sta impartendo alla macchina. Messa a frutto appieno dei building blocks di Mac OS X (OpenGL, Core animation, core audio, etc. etc.). Gentile e fermo allontanamento di chi si discosta dagli utensili ufficiali. E infine calata del prodotto nel mondo reale sullo sfondo di un servizio come iTunes store, dove un utente giovane, sorridente, multirazziale, vestito casual, fruisce del mondo multimediale tutto a portata di dito. L’apoteosi del prodotto olistico, nel bene e nel male, non chiuso ma osservante di regole e componenti che non alterino l’esperienza Apple. Prodotto che prende quel che gli basta dal mondo open source per iscriverlo nel “canone Apple”. Lontano, se non antipodico, al modello Google (con ampie sacche di chiusura anch’esso), un’azienda gestita da ingegneri e non da designer, col focus sulle funzionalità prima che sul “tutto”. Concorrente ideale.

L’attesa c’è anche per noi vecchi utenti, dunque. Apple è vicina alla realizzazione di progettare il personal computing come vuole lei. Speriamo che non ci deluda. Un fatto mi conforta: Apple in genere arriva a darti la feature che manca proprio quando allunghi la mano per cercarla, quando sperimenti qualcosa che vorresti fosse fatto meglio, più elegante, più fluido, più Apple. Io in questi giorni faccio fatica a sfogliare le pagine dei miei eBook sul mio amato e neoarrivato Kindle.

Firehose reloaded

Steve Rubel riprende la metafora dell’idrante

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tre anni dopo Gaspar Torriero

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Interessante la differenza sul come usare l’idrante:

To mitigate this ongoing trend of streams, communicators will need to: 1) be as ubiquitous as possible, 2) adopt multiple messages, stories and formats and 3) make sure you allow your employees to get out there – in other words, use the force, don’t fight it.

(via Presentation: Communicating in the Age of Streams – The Steve Rubel Lifestream).

Mentre tre anni fa l’attenzione era su RSS e filtri (Google Reader, segnalazione della rete sociale) oggi è sulla molteplicità dei canali e sull’ubiquità.

Le domande non fatte su quel treno dell’indifferenza

L’articolo di Repubblica.it di oggi sul ragazzo senza braccia multato in treno sta facendo il giro della blogosfera.

Ho letto l’articolo stamattina appena sveglio sorseggiando il caffè e ne sono uscito col magone, immagino come sarà successo a molti dei 600 commentatori.

C’è tutto in quell’articolo: il dramma dell’handicap, l’Italia dell’indifferenza, la burocrazia delle ferrovie e quella della polizia. Materiale su cui riflettere a lungo.

Tuttavia vorrei gettare un piccolo seme del dubbio, e lo faccio da persona che detesta la burocrazia, ha dato un anno della propria vita (forse il più bello) agli handicappati e che odia l’indifferenza.

Quell’articolo è prima di tutto un racconto la cui chiave sta nell’ultima frase

L’autore è scrittore ed editore

Una fotografia, una bellissima fotografia. Profonda come quelle in bianco e nero a grana grossa, come un ritratto di Cartier-Bresson. Una rappresentazione della realtà, non un resoconto della realtà. Altrimenti non sarebbe stata così toccante.

Tuttavia se lasciamo da parte i sentimenti e ragioniamo come avrebbe fatto, per esempio, Poirot e le sue celluline grigie troviamo subito degli interrogativi che necessitano di risposte: il ragazzo senza braccia viaggia abitualmente su quella tratta? E’ conosciuto al personale delle FS o ha preso il treno all’ultimo minuto solo in quell’occasione? Se fosse una scena già vista si spiegherebbe il comportamento del personale viaggiante (scortesie a parte). Se viaggiasse abitualmente saprebbe come chiedere assistenza alla stazione e comprare il biglietto per tempo. Perché nessuno degli astanti (compreso lo scrittore) ha fatto il gesto di pagare la sanatoria mettendo i soldi che mancavano? Anche i passeggeri conoscevano il viaggiatore? Avevano già visto la scena? Oppure sono al corrente che il personale viaggiante è capace di ritorsioni? E quali?

La verità non ha mai una sola faccia. Scaviamo sotto la superficie: vorrei chiedere a Repubblica se ha inviato un giornalista alla stazione di Bari, se hanno chiesto un’intervista con le FS, se, dopo l’episodio (increscioso e toccante, non lo sminuisco certo) comincia un paziente factcheck.

Siamo nel Belpaese in cui la gente non si parla, non si fa domande ma guarda e passa.

Allora cominciamo ad usare il cervello e a farcela qualche domanda.

Il bolsopost fra i post sotto l’albero

Mi piace perché non è una cosa mia, ma di tanti, e questo mi fa ricordare quando qui scrivevamo non per metterci in mostra cercando un lavoro o una vetrina o un quarto d’ora di celebrità , ma per l’urgenza e il divertimento e il piacere di farlo – e mi piace illudermi che almeno una volta all’anno questo sia ancora possibile.

Mi piace perché c’è gente, e non poca, che racconta un pezzo di sè. E lo fa senza recitare, senza romanzare, cercando con impegno le parole giuste. Trovandole.

(via Squonk » And… we’re back! (PslA strikes again, 2009 version: “Hop Hop Hop”))

E’ appena uscito il Post Sotto l’Albero 2009, una annuale creazione a più mani portata a termine a suon di frustate da Sir Squonk, che sopporta ritardi, ripensamenti, correzioni come nessun editor saprebbe fare senza farti inseguire dai cani affamati.

Grazie, Sir, mi associo a tutte le sue ragioni, da leggere per intero [meglio se con Readability :-D].

Il nostro post è firmato da entrambi i Bolsi (*), perché confezionato come omaggio natalizio di Bolsa Sit-Com a chi ci sopporta in rete. In realtà il racconto è un pezzo di bravura di Daria che ha aggiunto un’altro tassello alla storia di Cesare.

(*) Dovremo deciderci a mettere qualcosa in home page, a questo punto.

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