Il giornalismo urlato fa il web schizofrenico.

Repubblica.it - Osama ucciso

E’ da un po’ che osservo l’evolversi delle home page dei giornali cartacei online, in particolare di Repubblica.it. Sono passati oltre dieci anni dallo “sbarco sul web” del giornale cartaceo, qualcosina è migliorato ma l’affannosa voglia di riprodurre online lo strillo del giornale cartaceo e la velocità urlata del telegiornale non si è affievolita.

Negli ultimi tre giorni ci sono stati tre eventi-notizia mondiali come il matrimonio di William e Kate, la beatificazione di Papa Wojtyla e l’Uccisione (presunta, direi) di Osama Bin Laden. Nei mesi passati c’è stato l’attacco alla Libia e le altre rivoluzioni nei paesi del nord Africa.

In ogni occasione l’home page si allarga a tutto campo, e il titolone diventa uno strillo sopra un carosello di foto a effetto.

Ma la sintesi di uno strillo non basta più, l’ansia di voler dire tutto ma proprio tutto in home page inzeppa sommario e occhiello di link grandi, link medi, link minuscoli con e senza iconcine.

Non contenti di ciò il titolo-strillo viene spezzato in più frasi ognuna linkata verso un contenuto diverso.

E’ il collasso dell’usabilità, l’informazione del web trasformata in urlo, l’attenzione del lettore-navigatore strattonata ad ogni occhiata.

Mai come ora benedico l’informazione data dal passaggio del mouse: se non vado a vedere nella barra inferiore di Safari (menu Vista > Barra di Stato) a quale indirizzo porta il link su cui sto passando il mouse non oso cliccare: non è chiaro in quale sezione del giornale si finisce, non si sa se verrà mostrato un video, un articolo o una foto (e se non ho flash istallato? E se non ho abbastanza banda?), non si sa se una volta all’interno dell’articolo avrò a portata di mano gli altri link sulla stessa notizia presenti nel titolo strillato della home page.

Praticamente sembra di stare in un ingorgo di traffico dell’informazione.

Continuo a pensare che, problemi di usabilità a parte, sul web quel che conta è l’interesse, non l’attenzione. Voglio essere informato da qualcosa che richiami il mio interesse e vi immetta dati nuovi, non da qualcosa che ha urlato più forte e mi abbia fatto precipitare nella pagina dei video più cliccati invece che nella sezione Esteri.

Se un evento è in aggiornamento frenetico può capitare di ritornare alla home dopo aver letto un articolo e trovarla cambiata, con una diversa disposizione di link “urlati” e parcellizzati nel titolo principale. Devo di nuovo orientarmi, aprire tante pagine in tab diversi e farmi un ordine mentale.

Leggere, anche nel bel mezzo di una breaking news, dovrebbe essere un piacere, non una fatica.

Wikileaks – E’ difficile stabilire con certezza

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti.

Il mondo è in ebollizione per le rivelazioni di wikileaks e non c’è tanto tempo per fare una scheda su dove si trovino i server, nemmeno quello per cambiare le frasi copiaincollate.

Comincio il giro da Repubblica.it che ci adorna le foto del bunker Pionen:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti. Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: è lì che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entità giuridica collegata a Wikileaks. Del resto, è proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda. I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondità a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, è “Pionen White Mountains”.

(via Foto Svezia, nel bunker dei server di WikiLeaks – 1 di 13 – Repubblica.it)

Proseguiamo con l’Unità.it che ci fa una schedina senza foto:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti. Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: e’ li’ che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entita’ giuridica collegata a Wikileaks. Del resto, e’ proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda. I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondita’ a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, e’ “Pionen White Mountains”. Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito e’ sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verita’ al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet. Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet, del sito principale rimanda pero’ a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Wikileaks, il mistero sui server che fanno tremare il mondo – Mondo – l’Unità.it)

Stesso testo per Rainews24.it:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti.

Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: è lì che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entità giuridica collegata a Wikileaks.

Del resto, è proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda.

I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondità a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, è “Pionen White Mountains”.

Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito è sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verita’ al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet.

Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet, del sito principale rimanda però a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Mistero sui server che fanno tremare il mondo – Rainews24.it)

Forse che sia un’Ansa?

ROMA- E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti. Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: e’ li’ che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entita’ giuridica collegata a Wikileaks. Del resto, e’ proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange.

I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda. I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondita’ a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, e’ “Pionen White Mountains”.

Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito e’ sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verita’ al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet. Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet, del sito principale rimanda pero’ a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Wikileaks: mistero su server che fanno tremare mondo – Mondo – ANSA.it)

No, forse è dell’Unione Sarda:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti. Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: è lì che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entità giuridica collegata a Wikileaks.

Del resto, è proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda. I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondità a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, è “Pionen White Mountains”. Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito è sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verità al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet. Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet del sito principale, rimanda però a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Il mistero sui server che fanno tremare il mondo – Nel Mondo – L’Unione Sarda)

Interessante scoop anche per i Bambini di Satana:

E’ difficile stabilire con certezza dove si trovino i server che fanno “tremare” il mondo della diplomazia in queste ore, quelli dove Wikileaks piazza i suoi documenti segreti.

Alcuni ritengono che l’ultima pubblicazione, i file del Dipartimento di Stato Usa, sia ‘ospitata’ nella fredda Islanda: è lì che a inizio mese Assange ha registrato la Sunshine Press Production, prima entità giuridica collegata a Wikileaks.

Del resto, è proprio in Islanda che vive Kristinn Hrafnsson, portavoce del sito, e di fatto numero due di Assange. I documenti iracheni resi noti a fine ottobre, si trovano invece con tutta certezza in Svezia, all’interno di un ex bunker atomico costruito durante la Guerra fredda.

I server sono collocati nel centro dati della Bahnhof, uno dei maggiori provider svedesi, a 30 metri di profondità a Stoccolma, separati dall’esterno con porte da 40 cm di spessore, all’interno del quale Wikileaks ha affittato alcune macchine. Il nome in codice della struttura, originariamente gestita dai militari e predisposta per resistere all’esplosione di una bomba all’idrogeno, è “Pionen White Mountains”.

Poi ci sono i pirati svedesi, che in agosto hanno concluso un accordo con l’australiano per ospitare alcuni documenti. “Il sito è sotto costante minaccia di essere sabotato da organizzazioni corrotte o illegali che cercano di nascondere la verita’ al pubblico”, disse Rick Falkvinge, leader del Piratpartiet.

Una ricerca sull’ip, l’indirizzo internet, del sito principale rimanda però a un provider francese, dopo una serie di triangolazioni con Francoforte. E il mistero su dove si trovino i server rimane.

(via Mistero sui server che fanno tremare il mondo)

Smetto qui e vi lascio continuare il gioco con Google.

Non mi pare però un bel modo per iniziare il giorno che cambiò l’informazione, quello che secondo le intenzioni di questo bell’editoriale di Repubblica, lancia una nuova sfida sia ai cittadini internettiani che ai giornalisti:

[…] gli operatori professionali dell’informazione avranno il compito di “confezionare” al meglio i file rivelati, renderli il più “leggibili” possibile e, soprattutto, con un lavoro di grande qualità, scavare negli archivi e nella memoria per collegare e spiegare fatti e misfatti che quelle carte certamente collegano e spiegano purché qualcuno sappia metterci le mani con perizia.

(via Il giorno che cambiò l’informazione – Repubblica.it)

Ripasso: scuola di giornalismo

In testa la notizia essenziale o più recente. Di seguito i fatti di contorno, in fondo le cose accessorie.

OK, let’s get started:

Quando il focus della notizia è il caso Englaro e il tentativo di decreto:

CNN

[Dopo 16 paragrafi e oltre 3300 battute su 4200]

The case has been a controversial one in Italy, a heavily Catholic country where the Vatican has great influence.

Last Sunday, Pope Benedict XVI told pilgrims that “euthanasia is a false solution to suffering.” Tuesday morning, a top Vatican official was quoted in the Italian media saying, “Stop the killer hands.”

via Italy blocks comatose woman death bid – CNN.com

Bloomberg

[in coda a 7 paragrafi per un totale di 2166 battute]

Euthanasia is illegal in Italy, though patients have the right to refuse treatment. The law is unclear on whether refusal is permitted if the decision will lead to death, and also on what constitutes medical aid. The Englaro case has also attracted the attention of Pope Benedict XVI, who said Feb. 2 that the court decision provided a “false” answer to suffering.

via Bloomberg.com: Europe

BBC

[dopo 12 paragrafi e 1664 battute e questa precisazione]

Although opinion polls in Italy show the public is split over this case, the government now appears to have decided to adopt the position taken by the Catholic Church, our correspondent adds.

[ecco la stringata dichiarazione]

Senior Vatican officials have, in recent months, described attempts to stop feeding Ms Englaro as euthanasia. One cardinal said it amounted to murder.

On Sunday, Pope Benedict XVI added his voice to the debate about euthanasia, calling it a “false solution” to the tragedy of suffering

via BBC NEWS | Europe | Italian right-to-die move blocked

Quando il focus è il Vaticano e le sue influenze sulla politica italiana:

Financial Times

[paragrafo di apertura]

Pressure from senior Roman Catholic clerics has provoked an institutional crisis in Italy over the highly emotional case of a father seeking the right of his daughter to die having lain in a coma for more than 16 years.

[l’approfondimento, dopo 4 paragrafi]

The action brings fresh attention to the Catholic Church, following criticism of the Pope last Tuesday by Angela Merkel, the German chancellor, for his controversial rehabilitation of a bishop who expressed doubts in a recent interview as to whether the Holocaust had really happened.

via FT.com / World – Vatican provokes crisis over right to die

Thank you, Randy Pausch

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Randy Pausch è morto all’alba del 25 luglio. La notizia è arrivata da un brusio delle reti sociali per culminare nel tonfo dell’annuncio ufficiale.

Tutti noi che avevamo seguito la vicenda di una morte annunciata temevamo questo momento. Per quanto mi riguarda, da quando è arrivato non sono riuscito a pensare ad altro.

Chi sia Randy Pausch in queste ore lo stanno spiegando in molti (TechCrunch). Ottime sinossi sono state scritte da Luca Chittaro, Wikipedia oltre che da Randy stesso (ma la sua scarna home page sarà sovraccarica in queste ore) e dalla sua università. In Italia ne parla il corriere.

Randy era professore di informatica, interazione uomo-computer e design presso la Carnegie Mellon University (CMU) di Pittsburgh, Pennsylvania. Un uomo abituato a mettere a frutto ogni momento della sua vita, a considerare il tempo come un tesoro da amministrare e le esperienze di vita come vera fonte di ricchezza. Una persona così si trova a combattere una battaglia contro il cancro al pancreas, dapprima vincendola e poi, nell’estate 2007 perdendola vedendosi assegnare un massimo sei mesi di vita in buone condizioni.

Con una vita familiare appena avviata (una splendida moglie e tre figli piccoli) Randy decide di accettare la sfida e di mettere a frutto per il futuro ogni minuto di quel tempo prezioso, ritardando la malattia il più possibile e cercando il senso della propria vita.

Randy rende pubblico il bilancio della sua vita in una lezione pubblica alla Carnagie Mellon University che diventerà uno dei video più visti di Internet (si veda la traduzione in italiano sul blog di Alessandro Giglioli). La lezione prende ironicamente il nome di “L’ultima lezione”, dal nome che in passato veniva dato a quel ciclo di conferenze. Il titolo ufficiale è invece “Realizzare veramente i sogni dell’infanzia”, vero manifesto del pensiero di Randy.

A quella lezione fa seguito un’altra lezione sulla gestione del tempo personale, un tema che a Randy è sempre stato caro e che ora si è rivelato centrale nella sua vicenda umana.

Dopo la pubblicazione in primavera 2008 del L’ultima lezione in forma di libro (una trascrizione ampliata della lezione, piena di riflessioni e approfondimenti, si veda il ricco sito in italiano di RCS), in giugno Randy fa un ultimo intervento pubblico che racchiude la summa del suo pensiero. Il video dura pochi minuti ed è forse il più bello e toccante dei tre. In risposta a chi gli chiedeva come avesse battuto la Grande Mietitrice (essendo ancora vivo ben oltre le previsioni iniziali), Randy ha risposto:

Non battiamo la Mietitrice vivendo piu’ a lungo, la battiamo vivendo bene e pienamente, perche’ ella verra’ per tutti noi. La domanda e’ quindi ‘Cosa fare tra il momento in cui nasciamo ed il momento in cui la Mietitrice si fara’ vedere?’, perche’ quando si fara’ vedere sara’ troppo tardi per fare tutte le cose che avevamo in mente.

(traduzione di Luca Chittaro)

La cosa che più colpisce leggendo o ascoltando queste parole è la loro semplicità. Abituati ad un punto di vista fondato su notizie flash, su titoli di giornale, su 120 secondi di servizi televisivi (compresi noi blogger, almeno io confesso di non essermi ancora liberato di questa malattia) non ci aspettiamo che le risposte alle grandi domande della vita abbiano questa apparente banalità, questo look così casual.

Lo sbaglio sta nel credere che la risposta a queste domande sia così sintetica da stare in un biscotto della fortuna. La ricompensa sta nel viaggio, non nel traguardo. Se ti paracaduti su quest’ultimo non scoprirai un bel niente e rischierai di commentare con un “tutto qui?”. Se non ascolti le lezioni di Randy una dopo l’altra, se non leggi il libro, non puoi capire appieno il tesoro che ti viene regalato.

Dev’essere per questo che persino al TG2 Mizar, la rubrica notturna dei libri del TG2, hanno presentato il libro di Randy Pausch con “ora vi facciamo vedere un video senza commento, vi preghiamo di guardarlo fino in fondo”. Per ovvie ragioni televisive il video era una sintesi dell’ora e tre quarti della lezione (il video sintetico è quello del sito RCS). Ma il messaggio era valido: solo vedendo e vivendo quella lezione si poteva cogliere la bravura di Randy, la forza d’animo, l’amore per i suoi figli, la voglia di mettere a frutto per sé e per gli altri ogni secondo che gli restava. Con il sorriso sulle labbra per di più.

E’ da quella notte che ho in mente questo post. E’ da quando ho visto, come tutti, la lezione di Randy su youtube con le lacrime agli occhi che mi chiedo quali siano gli elementi che l’hanno resa unica. Vorrei provare a condividere con voi le poche idee confuse che mi girano nella testa mettendole in fila una dopo l’altra.

L’università

Il primo elemento che ho notato è l’importanza delle dinamiche del mondo universitario. Randy Pausch ha vissuto di ricerca da studente prima e da ricercatore e professore poi. Il tipo di vita che si fa all’università permea tutto il suo racconto, è il modulo che Randy usa per misurare i suoi obiettivi e i suoi successi. Andare all’università è un’esperienza che, se capitate in buone mani, “stura il cervello” e lo fa funzionare ad un regime di giri superiore. Ascoltare Randy mi ha riportato ai miei anni migliori, alla facoltà di Fisica, e al ricordo di quante cose si possono imparare in tante situazioni diverse. L’interazione studente-professore, le ambizioni di Randy studente che formeranno le trovate didattiche (impensabili per il mondo accademico italiano) di Randy professore, con la divisione in gruppi, gli studenti che si valutano a vicenda. Un turbinare di idee fertili, di innovazione, di gioia di imparare e contemporaneamente realizzare prototipi.

La lezione

L’importanza e il valore di una lezione universitaria si imparano solo… andando a lezione. Non è la stessa cosa studiare a casa sugli appunti di un altro studente, non è la stessa cosa studiare sul libro o anche sulla trascrizione fedele di una lezione. La trasmissione del sapere che avviene durante una lezione non ha eguali (persino un video è solo un timido surrogato), anche se ti racconta cose che già sai.

E’ tipico dell’apprendimento universitario il sentirsi ripetere le stesse cose più volte e in ambiti diversi. Ti raccontano le leggi fondamentali della fisica raccontano a Fisica Generale I e Fisichetta I (OK, Esperimentazioni di Fisica I) poi te le riformulano (incomprensibilmente) in Meccanica Razionale. Nel frattempo hai sentito diversi seminari, esercitazioni, talk in cui vengono dette le stesse cose. Se non cedi alla tentazione di chiederti perché non studiare sul formulario, cominci a capire che stai sentendo punti di vista diversi che neanche credevi possibili su un argomento così assoluto come formule fisiche. Non solo: quand’anche stessi sentendo le medesime cose, scopri che il sapere ha bisogno di stratificarsi, come mani di vernice, finché nel tuo cervello non è tutto imbiancato a nuovo senza una sbavatura.

Il maestro di vita

Il valore della lezione universitaria non può essere trasmesso senza l’apporto di una figura speciale come quella di un bravo professore. Incontrare persone speciali tra gli insegnanti è forse più importante di scegliere la materia di cui occuparsi. Ricordo che nello scegliere la tesi mi venne detto “non importa cosa vai a fare, scegliti bene il tuo professore”. E a tutt’oggi non mi stupisco dell’utilità di insegnamenti ricevuti in analisi matematica o fisica teorica nella vita di tutti i giorni.

Randy Pausch incarna perfettamente questo tipo di figura: durante la sua lezione ci racconta che da piccolo voleva fare il progettista di parchi di divertimenti, che si è occupato di realtà virtuale, di come in dettaglio abbia applicato quest’ultima lavorando come Disney Imagineer alla progettazione dell’attrazione di Aladdin. Come può questo arricchirmi se nella vita faccio tutt’altro? Se faccio, che so, l’archeologo o il macchinista dei treni? La risposta viene data in parte da Randy stesso, con il concetto di head fake (tradotto come finta di gambe), insegnare una nozione perché si impari un concetto generale diverso.

Tuttavia se Randy non fosse la persona speciale che è stata, questo messaggio non sarebbe arrivato con tanta forza. Una persona tanto speciale da trasmetterti insegnamenti sulla vita è una merce molto rara di questi tempi, ancor di più se il messaggio arriva con la naturalezza e la schiettezza dell’eloquio di Randy.

La leggerezza

Un altro elemento che colpisce profondamente è la forma comunicativa di Randy Pausch: le sue frasi sono semplici, brevi e molto mirate. Sia che parli della sua salute condannata, con schiettezza brutale, sia che racconti di una sua ambizione Randy usa sempre un fraseggio asciutto, in cui si riflette la volontà di non sprecare nulla, né tempo né parole.

Ecco allora che escono i suoi momenti buffi, i momenti angosciosi (il parto rischioso di uno dei suoi figli, l’annuncio del peggioramento del suo cancro), le sue goffaggini sentimentali, i suoi sbagli clamorosi nei rapporti con il personale accademico. Gli insegnamenti puri e semplici. La dedica finale alla moglie, il testamento per i figli.

Siamo abituati a leggerci fra di noi blogger, a riconoscerci per le frasi, le spaziature, la lunghezza chilometrica dei post. Parimenti Randy emerge dal suo periodare schietto, magro come un chiodo, essenziale ma sempre simpatico. Il suo linguaggio è un affresco del suo carattere.

Il valore della vita

Questione di vita o di morte è un’altra frase standard da film d’azione. Trovarsi a fronteggiare veramente la morte è tutt’altra cosa e non è una cosa che capita spesso nè tantomeno che viene raccontata e condivisa. Come sa chi si è trovato in queste situazioni, si è obbligati a rivedere tutti i propri parametri, a scartare tutto quello che non è più importante e prendere delle decisioni su cosa è veramente importante.

Quando guardi la morte in faccia (tua o di un tuo caro), l’unica scelta che hai è rispondergli con la vita, anche quando è una battaglia persa. Il difficile è capire come rispondere con la vita: non è detto che debba essere la vita a tutti i costi che vorrebbe un’impostazione dogmatica, piuttosto la vita come principio primo, il fare qualcosa, raggiungere degli obiettivi, il capirci qualcosa e averlo trasmesso a chi ti è più caro. Sfidare a scacchi la Morte e provare a fregarla. Cadere in piedi e col sorriso sulle labbra.

Non siamo abituati a riflettere su queste cose; sono tempi oscuri in quanto a saldi riferimenti morali ed a linee guida. Nessuno ti insegna a vivere, ammesso che sia possibile, nessuno ti avverte che devi porti il problema di come vivere bene e appieno.

L’inestimabile valore degli insegnamenti di Randy risiede anche nel suo prenderci per mano e farci accostare a questi problemi con una leggerezza e una tranquillità impensabili. Randy ci ha regalato il racconto della sua vita perché era l’unica cosa che poteva fare con il tempo che aveva a disposizione, era l’unica cosa che doveva fare per i suoi figli e nel farla ha regalato un po’ del suo tesoro a tutti noi. Con il savoir faire di chi non mescola una verità personale trovata dentro di sé con una morale precostituita o una visione dogmatica. Randy ci ha regalato un consiglio laico. Non gli sarò mai abbastanza grato per questo.

Il ruolo di Internet

Un elemento fondamentale e imprescindibile alla base della forza della vicenda di Randy Pausch è il fatto che essa è nata e cresciuta in rete. A partire dalla Carnagie Mellon che usualmente mette su Youtube le lezioni più importanti su un proprio canale (ma anche su iTunes U), si è formato un “comune sentire”, una “esperienza collettiva” intorno alla lezione di Randy che è difficile descrivere a chi non è avvezzo a navigare in rete.

Cogliere il messaggio e gli insegnamenti di Randy “in diretta” e in parallelo alla sua vicenda è stata un’emozione grandissima. Veder crescere il contatore delle visite, dei commenti su youtube, le riflessioni di chi li rilanciava nei propri blog, il nascere spontaneo di traduzioni e doppiaggi (confesso che anch’io ci avevo pensato), traduzioni in cinese, pubblicazione delle su slide, gli aggiornamenti di Randy stesso nella sua home page, scritta in HTML a mano da vero geek (che teneva una todo list in emacs perché poteva fare il sort delle linee di testo più velocemente, in barba alle applicazioni dedicate), la lettera del presidente degli Stati Uniti.

Sono sicuro che dopo l’uscita del libro, che ben assolveva al suo ruolo di istant book completando l’esperienza crossmediale della lezione in video, uscirà la lezione in DVD, doppiata alla perfezione da speaker professionisti, con ogni materiale extra a disposizione.

Non sarà la stessa cosa dei video sgranati su youtube o google video, delle traduzioni artigianali dettate solo dalla voglia di ritrasmettere ad altri il regalo di Randy, del file PowerPoint della sua lezione, del vedere moltiplicarsi le versioni dei video mentre Randy era ancora vivo.

Mi fermo qui. Credo di aver battuto ogni record di lunghezza di post. Mi sono dilungato perché ci tenevo a lasciare un segno che andasse oltre il rimpianto, il semplice riconoscimento di valore, il “ci mancherà tanto”.

Mi piacerebbe che chi come me è stato toccato da questa vicenda provasse a dire la sua qui sotto nei commenti o nel proprio blog. Facciamolo per Jai, Dylan, Logan e Chloe Pausch.

Thank you, Randy.

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P.S.: sono aperte le donazioni al Carnegie Mellon’s Randy Pausch Memorial Fund che finanzierà il proseguimento del lavoro di Randy Pausch

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