Sfogo suicida

Su un blog ci si sfoga sul suicidio e su FriendFeed ci si sfoga sullo sfogo chiedendo a gran voce di leggere tutti i commenti pena la non completa comprensione dello sfogo stesso.

La differenza tra un blog e un forum sta nel post di avvio, nella dicotomia fra il thread di commenti equipotente di un forum e l’asimmetria post-commenti di un blog.

Se c’è qualcosa di rilevante nato dai commenti lo si integra in un aggiornamento del post, come in questo caso.

Difficilmente seguo lunghi thread di commenti (è un mio limite fisico), l’atomo di informazione importante sta nel post, tendenzialmente la pensa così anche Google quando ti ci conduce sopra con una frase di ricerca.

Il suicidio è un mistero della psiche umana, la cui soluzione sta solo nella testa del suicida stesso, persa per sempre peggio di una formattazione a basso livello.

Non è un argomento proibito, certo parlarne non è facile, specie se si hanno idee non dissimili da quelle esposte nel blog. Bisogna saperne parlare, è una questione di stile.

Sta di fatto, cara Rossella, che chi scrive ha avuto più di un suicidio in famiglia.

Non che questo faccia di me un esperto però, come dicevo, qualche pensiero su rabbia, motivazioni, spiegazioni l’ho fatto anch’io a suo tempo. Non troppo diversi dai tuoi.

Comunque ho letto il post, l’ho riletto, l’ho reinterpretato come da indicazioni della chiosa finale. Ho scorso velocemente le due file di commenti.

Io non credo che sfogo sia l’equivalente di un lasciapassare universale delle idee, di esenzione del filtro intellettuale che ti fa scegliere momento, luogo e modi di scrivere in pubblico.

Perché il cosa diciamo può accomunarci molto ma il come lo diciamo fa la vera differenza e spesso è rivelazione di cosa abbiamo dentro, di cosa siamo veramente.

Se un giorno, guardando la mia dashboard, mi dovessi trovare a decidere se difendere uno sfogo scappatomi per la rabbia, credo che solo un bel clic sul bottone delete mi permetterebbe di guardarmi ancora allo specchio.

Messaggio a reti unificate

A casa bolsa Cesare non è l’unico ad avere il compleanno multiplo.

Il 2 aprile per noi ha un significato particolare e così, dalla sera del giorno prima partono festeggiamenti telefonici, messaggi privati, occhiate complici.

Quando si può si mangia tutti insieme.

Vincere la sfida di un brutto infarto più di venti anni fa, quando fermare un rapido e chiamare un’ambulanza erano operazioni per niente scontate vuol dire scommettere sul futuro dei progressi della medicina e su una vita diversa.

Oggi, 22 anni, un defibrillatore e 2 nipoti dopo ci riteniamo ottimi scommettitori.

Continuiamo così, evviva nonno Ferruccio!

Trenta e quaranta

La vita scorre via in fretta. Se non ti fermi a guardarti intorno finisce che te la perdi.

Ferris Bueller

Non ho mai creduto che esistessero soglie d’età tangibili. I grandi impazziscono quando passi 10 anni, i genitori si commuovono quando attraversi 20 anni. Gli amici festeggiano quando è la volta dei 30. I parenti ti danno il benvenuto negli anta quando passi i 40.

Ad ogni passaggio ti continui a interrogare su questi atteggiamenti. Forse dovrebbe succedere qualcosa. Forse dovrei fare qualcosa. Forse dovrei sentire qualcosa. Il problema è che quando gli altri ti festeggiano per te è sempre una sequenza in soggettiva.

Ci sono delle differenze biologiche, ma quelle le sai da quando sei piccolo. A 10 anni manca qualche pelo, qualche curva, la patente per andare dove vuoi e una serie di altri accessori. A 20 sei agile, forte in genere digerisci anche i sassi e non smetti mai di di mettere alla prova questa abilità. Più avanti constaterai che le skill della tua scheda calano leggermente ma non è questo il punto. Se ci pensi bene la vita ti aveva avvertito per tempo.

Ci sono differenze di contesto sociale, di studi, lavoro e maturazione. Sono le più difficili da cogliere perché coadiuvate da alleati invisibili come il confondersi con la massa, il se succede (o non succede) a tutti è normale che succeda (o non succeda) a me, la mancanza di un obiettivo da perseguire, il rischio di perseguire una proiezione esterna da te: ciò che dovresti essere vince su far evolvere con armonia ciò che sei dentro e stare un po’ a vedere.

Com’è, come non è, ti ritrovi almeno a smentire la profezia pinkfloydiana dell’aver bruciato un decennio in un colpo:

And then one day you find ten years have got behind you
No one told you when to run, you missed the starting gun

Infatti non è andata proprio così: sei entrato nei 20 gozzovigliando, sei rimasto appeso ai 29 come un free climber ad un appiglio solo, sei entrato nei 30 facendo il coglionazzo consapevole, abbozzata parodia della vita adulta. Ci sei stato bene, quei nove giri di campo del sistema solare te li sei assaporati, hai fatto cose, visto gente, fatto figli, fatto famiglia ma con una continuità infinitamente derivabile. Un bel prolungamento analitico della vita precedente.

Poi? Poi un giorno il sistema in base dieci ti cambia quel 3 in 4, la tua timeline è sempre C infinito, non ci sono sbalzi tuttavia qualcosa dentro di te fa clic. Sempre gradualmente ma molto più rapidamente di prima. Clic. I sensi sono più accesi anche quando dormi. Clic. Un bimbo ti chiama, ti stressa, si fa adorare, diventa la tua autoanalisi allo specchio. Clic. Digerisci peggio. Clic. Ma tutto sommato non è affatto male. Clic. Solo un po’ più faticoso. Clic. Hai consumato 4 slot di salvataggio della tua partita e cominci a tenerne conto. Ecco cosa. E forse vai da qualche parte smettendo di vagare.

Si diventa trentenni per assuefazione. Si diventa quarantenni di colpo.

La gestione del segreto

Penso che sia bene tirare fuori i segreti.

Non parlo dei segreti collegati alla pudicizia: la malattia propria o dei propri cari, le funzioni corporali, una grossa figuraccia sul lavoro.

Parlo dei segreti seppelliti. Quelli che sono demoni che ci divorano. Che se anche affiora il pensiero, il nostro io si gira dall’altra parte. Quelli che non ci voglio neanche pensare ad affrontarli. Quelli che è meglio di no, ho detto no.

Ti illudi che tutto sommato, se ti ci metti proprio bene, riesci a nascondere il segreto. Lo metti sotto il tappeto. Sbagliato: hai visto troppe poche volte Tom e Jerry. La bozza si vede. Non c’è via di scampo. Anche se l’hai nascosto bene, anche se non ne parli mai. La sagoma è evidente, da tanti piccoli particolari. Come un’immagine eco. Meglio di un radar, peggio di una visione notturna. Ma si vede.

I segreti vanno fatti uscire senno’ crescono. Senno’ diventano demoni e i demoni non ti lasciano più. Quasi come i draghi. Quelli volano pure e hanno denti aguzzi. E ti trovano. Trovano il tuo stomaco e lo macinano.

Ma non è la paura del Drago che ti deve spingere a pisciare il calcolo. E’ la certezza di sconfiggerlo. E’ la ricompensa di essere una persona migliore.

Sconfiggi il Drago, butta fuori il segreto e non guarderai più gli occhi del drago. Guarderai gli occhi di tuo figlio. E capirai che ha capito.

E tutto andrà a posto.

Thank you, Randy Pausch

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Randy Pausch è morto all’alba del 25 luglio. La notizia è arrivata da un brusio delle reti sociali per culminare nel tonfo dell’annuncio ufficiale.

Tutti noi che avevamo seguito la vicenda di una morte annunciata temevamo questo momento. Per quanto mi riguarda, da quando è arrivato non sono riuscito a pensare ad altro.

Chi sia Randy Pausch in queste ore lo stanno spiegando in molti (TechCrunch). Ottime sinossi sono state scritte da Luca Chittaro, Wikipedia oltre che da Randy stesso (ma la sua scarna home page sarà sovraccarica in queste ore) e dalla sua università. In Italia ne parla il corriere.

Randy era professore di informatica, interazione uomo-computer e design presso la Carnegie Mellon University (CMU) di Pittsburgh, Pennsylvania. Un uomo abituato a mettere a frutto ogni momento della sua vita, a considerare il tempo come un tesoro da amministrare e le esperienze di vita come vera fonte di ricchezza. Una persona così si trova a combattere una battaglia contro il cancro al pancreas, dapprima vincendola e poi, nell’estate 2007 perdendola vedendosi assegnare un massimo sei mesi di vita in buone condizioni.

Con una vita familiare appena avviata (una splendida moglie e tre figli piccoli) Randy decide di accettare la sfida e di mettere a frutto per il futuro ogni minuto di quel tempo prezioso, ritardando la malattia il più possibile e cercando il senso della propria vita.

Randy rende pubblico il bilancio della sua vita in una lezione pubblica alla Carnagie Mellon University che diventerà uno dei video più visti di Internet (si veda la traduzione in italiano sul blog di Alessandro Giglioli). La lezione prende ironicamente il nome di “L’ultima lezione”, dal nome che in passato veniva dato a quel ciclo di conferenze. Il titolo ufficiale è invece “Realizzare veramente i sogni dell’infanzia”, vero manifesto del pensiero di Randy.

A quella lezione fa seguito un’altra lezione sulla gestione del tempo personale, un tema che a Randy è sempre stato caro e che ora si è rivelato centrale nella sua vicenda umana.

Dopo la pubblicazione in primavera 2008 del L’ultima lezione in forma di libro (una trascrizione ampliata della lezione, piena di riflessioni e approfondimenti, si veda il ricco sito in italiano di RCS), in giugno Randy fa un ultimo intervento pubblico che racchiude la summa del suo pensiero. Il video dura pochi minuti ed è forse il più bello e toccante dei tre. In risposta a chi gli chiedeva come avesse battuto la Grande Mietitrice (essendo ancora vivo ben oltre le previsioni iniziali), Randy ha risposto:

Non battiamo la Mietitrice vivendo piu’ a lungo, la battiamo vivendo bene e pienamente, perche’ ella verra’ per tutti noi. La domanda e’ quindi ‘Cosa fare tra il momento in cui nasciamo ed il momento in cui la Mietitrice si fara’ vedere?’, perche’ quando si fara’ vedere sara’ troppo tardi per fare tutte le cose che avevamo in mente.

(traduzione di Luca Chittaro)

La cosa che più colpisce leggendo o ascoltando queste parole è la loro semplicità. Abituati ad un punto di vista fondato su notizie flash, su titoli di giornale, su 120 secondi di servizi televisivi (compresi noi blogger, almeno io confesso di non essermi ancora liberato di questa malattia) non ci aspettiamo che le risposte alle grandi domande della vita abbiano questa apparente banalità, questo look così casual.

Lo sbaglio sta nel credere che la risposta a queste domande sia così sintetica da stare in un biscotto della fortuna. La ricompensa sta nel viaggio, non nel traguardo. Se ti paracaduti su quest’ultimo non scoprirai un bel niente e rischierai di commentare con un “tutto qui?”. Se non ascolti le lezioni di Randy una dopo l’altra, se non leggi il libro, non puoi capire appieno il tesoro che ti viene regalato.

Dev’essere per questo che persino al TG2 Mizar, la rubrica notturna dei libri del TG2, hanno presentato il libro di Randy Pausch con “ora vi facciamo vedere un video senza commento, vi preghiamo di guardarlo fino in fondo”. Per ovvie ragioni televisive il video era una sintesi dell’ora e tre quarti della lezione (il video sintetico è quello del sito RCS). Ma il messaggio era valido: solo vedendo e vivendo quella lezione si poteva cogliere la bravura di Randy, la forza d’animo, l’amore per i suoi figli, la voglia di mettere a frutto per sé e per gli altri ogni secondo che gli restava. Con il sorriso sulle labbra per di più.

E’ da quella notte che ho in mente questo post. E’ da quando ho visto, come tutti, la lezione di Randy su youtube con le lacrime agli occhi che mi chiedo quali siano gli elementi che l’hanno resa unica. Vorrei provare a condividere con voi le poche idee confuse che mi girano nella testa mettendole in fila una dopo l’altra.

L’università

Il primo elemento che ho notato è l’importanza delle dinamiche del mondo universitario. Randy Pausch ha vissuto di ricerca da studente prima e da ricercatore e professore poi. Il tipo di vita che si fa all’università permea tutto il suo racconto, è il modulo che Randy usa per misurare i suoi obiettivi e i suoi successi. Andare all’università è un’esperienza che, se capitate in buone mani, “stura il cervello” e lo fa funzionare ad un regime di giri superiore. Ascoltare Randy mi ha riportato ai miei anni migliori, alla facoltà di Fisica, e al ricordo di quante cose si possono imparare in tante situazioni diverse. L’interazione studente-professore, le ambizioni di Randy studente che formeranno le trovate didattiche (impensabili per il mondo accademico italiano) di Randy professore, con la divisione in gruppi, gli studenti che si valutano a vicenda. Un turbinare di idee fertili, di innovazione, di gioia di imparare e contemporaneamente realizzare prototipi.

La lezione

L’importanza e il valore di una lezione universitaria si imparano solo… andando a lezione. Non è la stessa cosa studiare a casa sugli appunti di un altro studente, non è la stessa cosa studiare sul libro o anche sulla trascrizione fedele di una lezione. La trasmissione del sapere che avviene durante una lezione non ha eguali (persino un video è solo un timido surrogato), anche se ti racconta cose che già sai.

E’ tipico dell’apprendimento universitario il sentirsi ripetere le stesse cose più volte e in ambiti diversi. Ti raccontano le leggi fondamentali della fisica raccontano a Fisica Generale I e Fisichetta I (OK, Esperimentazioni di Fisica I) poi te le riformulano (incomprensibilmente) in Meccanica Razionale. Nel frattempo hai sentito diversi seminari, esercitazioni, talk in cui vengono dette le stesse cose. Se non cedi alla tentazione di chiederti perché non studiare sul formulario, cominci a capire che stai sentendo punti di vista diversi che neanche credevi possibili su un argomento così assoluto come formule fisiche. Non solo: quand’anche stessi sentendo le medesime cose, scopri che il sapere ha bisogno di stratificarsi, come mani di vernice, finché nel tuo cervello non è tutto imbiancato a nuovo senza una sbavatura.

Il maestro di vita

Il valore della lezione universitaria non può essere trasmesso senza l’apporto di una figura speciale come quella di un bravo professore. Incontrare persone speciali tra gli insegnanti è forse più importante di scegliere la materia di cui occuparsi. Ricordo che nello scegliere la tesi mi venne detto “non importa cosa vai a fare, scegliti bene il tuo professore”. E a tutt’oggi non mi stupisco dell’utilità di insegnamenti ricevuti in analisi matematica o fisica teorica nella vita di tutti i giorni.

Randy Pausch incarna perfettamente questo tipo di figura: durante la sua lezione ci racconta che da piccolo voleva fare il progettista di parchi di divertimenti, che si è occupato di realtà virtuale, di come in dettaglio abbia applicato quest’ultima lavorando come Disney Imagineer alla progettazione dell’attrazione di Aladdin. Come può questo arricchirmi se nella vita faccio tutt’altro? Se faccio, che so, l’archeologo o il macchinista dei treni? La risposta viene data in parte da Randy stesso, con il concetto di head fake (tradotto come finta di gambe), insegnare una nozione perché si impari un concetto generale diverso.

Tuttavia se Randy non fosse la persona speciale che è stata, questo messaggio non sarebbe arrivato con tanta forza. Una persona tanto speciale da trasmetterti insegnamenti sulla vita è una merce molto rara di questi tempi, ancor di più se il messaggio arriva con la naturalezza e la schiettezza dell’eloquio di Randy.

La leggerezza

Un altro elemento che colpisce profondamente è la forma comunicativa di Randy Pausch: le sue frasi sono semplici, brevi e molto mirate. Sia che parli della sua salute condannata, con schiettezza brutale, sia che racconti di una sua ambizione Randy usa sempre un fraseggio asciutto, in cui si riflette la volontà di non sprecare nulla, né tempo né parole.

Ecco allora che escono i suoi momenti buffi, i momenti angosciosi (il parto rischioso di uno dei suoi figli, l’annuncio del peggioramento del suo cancro), le sue goffaggini sentimentali, i suoi sbagli clamorosi nei rapporti con il personale accademico. Gli insegnamenti puri e semplici. La dedica finale alla moglie, il testamento per i figli.

Siamo abituati a leggerci fra di noi blogger, a riconoscerci per le frasi, le spaziature, la lunghezza chilometrica dei post. Parimenti Randy emerge dal suo periodare schietto, magro come un chiodo, essenziale ma sempre simpatico. Il suo linguaggio è un affresco del suo carattere.

Il valore della vita

Questione di vita o di morte è un’altra frase standard da film d’azione. Trovarsi a fronteggiare veramente la morte è tutt’altra cosa e non è una cosa che capita spesso nè tantomeno che viene raccontata e condivisa. Come sa chi si è trovato in queste situazioni, si è obbligati a rivedere tutti i propri parametri, a scartare tutto quello che non è più importante e prendere delle decisioni su cosa è veramente importante.

Quando guardi la morte in faccia (tua o di un tuo caro), l’unica scelta che hai è rispondergli con la vita, anche quando è una battaglia persa. Il difficile è capire come rispondere con la vita: non è detto che debba essere la vita a tutti i costi che vorrebbe un’impostazione dogmatica, piuttosto la vita come principio primo, il fare qualcosa, raggiungere degli obiettivi, il capirci qualcosa e averlo trasmesso a chi ti è più caro. Sfidare a scacchi la Morte e provare a fregarla. Cadere in piedi e col sorriso sulle labbra.

Non siamo abituati a riflettere su queste cose; sono tempi oscuri in quanto a saldi riferimenti morali ed a linee guida. Nessuno ti insegna a vivere, ammesso che sia possibile, nessuno ti avverte che devi porti il problema di come vivere bene e appieno.

L’inestimabile valore degli insegnamenti di Randy risiede anche nel suo prenderci per mano e farci accostare a questi problemi con una leggerezza e una tranquillità impensabili. Randy ci ha regalato il racconto della sua vita perché era l’unica cosa che poteva fare con il tempo che aveva a disposizione, era l’unica cosa che doveva fare per i suoi figli e nel farla ha regalato un po’ del suo tesoro a tutti noi. Con il savoir faire di chi non mescola una verità personale trovata dentro di sé con una morale precostituita o una visione dogmatica. Randy ci ha regalato un consiglio laico. Non gli sarò mai abbastanza grato per questo.

Il ruolo di Internet

Un elemento fondamentale e imprescindibile alla base della forza della vicenda di Randy Pausch è il fatto che essa è nata e cresciuta in rete. A partire dalla Carnagie Mellon che usualmente mette su Youtube le lezioni più importanti su un proprio canale (ma anche su iTunes U), si è formato un “comune sentire”, una “esperienza collettiva” intorno alla lezione di Randy che è difficile descrivere a chi non è avvezzo a navigare in rete.

Cogliere il messaggio e gli insegnamenti di Randy “in diretta” e in parallelo alla sua vicenda è stata un’emozione grandissima. Veder crescere il contatore delle visite, dei commenti su youtube, le riflessioni di chi li rilanciava nei propri blog, il nascere spontaneo di traduzioni e doppiaggi (confesso che anch’io ci avevo pensato), traduzioni in cinese, pubblicazione delle su slide, gli aggiornamenti di Randy stesso nella sua home page, scritta in HTML a mano da vero geek (che teneva una todo list in emacs perché poteva fare il sort delle linee di testo più velocemente, in barba alle applicazioni dedicate), la lettera del presidente degli Stati Uniti.

Sono sicuro che dopo l’uscita del libro, che ben assolveva al suo ruolo di istant book completando l’esperienza crossmediale della lezione in video, uscirà la lezione in DVD, doppiata alla perfezione da speaker professionisti, con ogni materiale extra a disposizione.

Non sarà la stessa cosa dei video sgranati su youtube o google video, delle traduzioni artigianali dettate solo dalla voglia di ritrasmettere ad altri il regalo di Randy, del file PowerPoint della sua lezione, del vedere moltiplicarsi le versioni dei video mentre Randy era ancora vivo.

Mi fermo qui. Credo di aver battuto ogni record di lunghezza di post. Mi sono dilungato perché ci tenevo a lasciare un segno che andasse oltre il rimpianto, il semplice riconoscimento di valore, il “ci mancherà tanto”.

Mi piacerebbe che chi come me è stato toccato da questa vicenda provasse a dire la sua qui sotto nei commenti o nel proprio blog. Facciamolo per Jai, Dylan, Logan e Chloe Pausch.

Thank you, Randy.

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P.S.: sono aperte le donazioni al Carnegie Mellon’s Randy Pausch Memorial Fund che finanzierà il proseguimento del lavoro di Randy Pausch

Il lato oscuro della voce

Palpatine afferma che stai sbagliando

Ci sono esperimenti che si possono fare solo quando ti becchi una bronchite in piena estate. Ho cominciato per scherzo ingannando il tempo ieri in autostrada e ieri sera ho prodotto il mio primo podcast.

Come ognun sa:

La paura conduce al Lato Oscuro

ma anche:

Il Lato Oscuro conduce alla Raucedine

Prendiamola come un esperimento del plugin Podcasting (che mi sembra ben più agile e moderno di PodPress). Così da oggi il Bolsoblog si ritrova con un feed in AAC (con copertine ed URL, per iTunes, iPod, iPhone) ed un feed in MP3 (solo audio).

Eccovi raucedine in AAC e raucedine in MP3.

 

Ieri a Forlì

Ieri questo blog era all’ospedale di Forlì.

A salutare un pezzo di noi.

Ad abbracciare forte Giacomo e Giuliano. Che per telefono non è la stessa cosa.

Erano 78 Km ma avrebbero potuto essere pure 780 e saremmo arrivati lo stesso. Anche col navigatore che ci ha portati all’ospedale sbagliato.

Nei prossimi giorni il funerale. Intanto questo post c’è.

Aggiornamento: il funerale è fissato mercoledì 26 marzo alle ore 15,00.

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