Endorsement senza calzini bianchi

Caro Matteo,

Mi presento, sono un “Elettore di Bersani” e, a parte i calzini bianchi, faccio mettere le cinture anche a quelli dietro, dico “non litigate” ai miei due figli quando bisticciano e tengo il volante sulle dieci e dieci.

Voto dal 1987 e da allora provo a non votare per la falce e martello, l’alberello e agli altri simboli che si sono succeduti. In Emilia il senso di appartenenza è forte, anche per chi non ha la tessera. Ti senti sempre in un gruppo di amici, pronti alla pacca sulla spalla, che vanno tutti da qualche parte anche se non sanno dove si sta andando.

Sono anche un cittadino del web, anzi di Internet (che non è la stessa cosa) che frequento da prima del web, da quel 1992 in cui Enrico colloca temporalmente Bersani in cui ci si mandava email da terminali in ASCII text.

Perché il pippone il post lungo di Enrico l’ho letto tutto, insieme a tutte le opinioni che mi capitava di leggere in questi giorni scritte dai miei amichetti sul web, come dice Daria (il post, Mantellini).

Ho provato anche stavolta a capire se riuscivo a votare qualcos’altro, autoaccusandomi di vecchiume, di essere filo apparato di non capire la ventata di novità rappresentata da Matteo Renzi. E mi ci sono messo d’impegno, Matteo sul serio, sai. Col sorriso, come dici tu.

Un’altra cosa che non riesco a evitare è scindere il merito dal metodo, il cosa dal come, il risultato dallo stile. Per me quasi mai il fine giustifica i mezzi. Figuratevi come ho vissuto il ventennio Berlusconiano.

Di te, Matteo, mi ha colpito il difetto di pronuncia con la linguetta in bocca, il misto di simpatia e odiosità che ne nasce ma anche il piglio comunicativo che ti contraddistingue, l’uso del web, la naturalezza con cui, non da oggi, conversi e rispondi su Twitter. Sono convinto che se ti chiedo “apriti un account sul nuovo servizio X” lo fai da solo in 5 minuti senza ricorrere ad uno stagista.

Capisco perfettamente perché hai conquistato amici e persone che stimo sul web. Capisco che suonino convincenti le soluzioni per il futuro elencate con slogan semplici e taglio pubblicitario, adatte per il web, per le interviste e per i titoli di giornale.

Non ho seguito il tuo percorso dall’inizio quindi forse mi mancano delle nozioni ma non ho capito perché hai fatto questa scalata a latere del PD, non del tutto fuori ma neanche del tutto dentro, con eventi indipendenti, senza insegne PD, cercando il voto popolare, scaldando le folle.

Ecco, io l’aizzatore di folle (perdonami il termine un po’ forte, ma mi devo far capire, gli slogan a volte servono) proprio non lo reggo. Se ne è dimesso uno appena un anno fa.

Io credo nel cambiamento, in un tipo di cambiamento che si declina come evoluzione. L’unica evoluzione che ti puoi permettere in sistema politico, in un partito politico che dichiari di amare è dal di dentro. Se la dirigenza e l’apparato sono un problema, si lavora per contagiare loro per primi con la propria idea di cambiamento, non le folle che stanno fuori. E’ perfettamente lecito criticare chiunque, compreso la propria dirigenza ma allora occorre chiedersi “cosa ho fatto io per cambiare la mia dirigenza”?

Se hai avuto l’indubbio merito di aver catalizzato una fetta consistente di elettorato che prima non avrebbe mai votato PD, perché non hai proposto loro “iscrivetevi a questo partito, cambiate il PD da dentro, andate in sezione, votate una nuova dirigenza”? Questo risponderebbe all’obiezione di Enrico “il PD così com’è non piace a nessuno”.

Ti ho ascoltato in televisione e sul web e non mi sono sono riuscito a vincere una discrasia fra il piacere per le proposte nuove, “giovani”, “moderne”, l’internet, il web, etc. e il fastidio una modalità semplicistica, fredda, pubblicitaria di elencare le soluzioni per il domani come se fossero le caratteristiche di un software o i benefit di una tariffa scontata per cellulari.

Leggendo ciò che è scritto sul suo sito, ascoltandolo nelle innumerevoli apparizioni televisive da 2 anni in qua, emerge una visione molto individualistica nell’impostazione della sua “proposta”; si ha la netta sensazione che Renzi si rivolga a 60 milioni di Italiani come individui, singolarmente divisi, in quotidiana lotta ognuno contro gli altri per la sopravvivenza, senza mai dare un’idea di comunità, di Nazione, di Popolo (al di la di vuote parole), di condivisione sociale, di comuni radici e aspirazioni, di comuni obiettivi.

(via Pierlu for President).

Non avverto tensione collettiva, una visione del Paese come tutt’uno, un’andare insieme da qualche parte, un NOI di sinistra.

Perché quello è riservato per il NOI e LORO del tuo appello di oggi, altra cosa che stride come gesso sulla lavagna nel tuo appello di oggi.

Per carità, la faccenda del registrarsi al secondo turno è un ginepraio che non avrebbe mai dovuto verificarsi. Io sono uno rigido, avrei detto: ci si registra entro il primo turno e bona lé, al lmite voti scheda bianca al primo turo. tuttavia l’iniziativa e lo stile di comunicazione del sito domenicavoto.it (dominio creato il 28 novembre scorso) sono un’altra nota stonata. Il modo in cui si interpreta una norma nascondendosi dietro il dito di “è perfettamente lecito” e “non costituisce appello elettorale”:

La Fondazione Big Bang, conformemente ai propri scopi statutari, ha finanziato l’iniziativa di partecipazione al voto di domenica prossima che tra il 29 e il 30 novembre apparirà su molti quotidiani. Non si tratta di un appello a favore di Matteo Renzi, come affermato da qualcuno, ma di una sollecitazione ad esercitare il diritto di scelta che costituisce l’essenza della democrazia.

Tra gli scopi statutari della Fondazione sta la promozione di strumenti di collaborazione effettiva delle persone alle decisioni politiche e amministrative che le riguardano, in particolare elaborando e diffondendo modalità partecipative che utilizzino appieno le potenzialità della rete. Questa iniziativa è pienamente coerente con tale scopo.

(via Nota della fondazione Big Bang)

ha un tono diametralmente opposto da quello che mi aspetterei dalla parte politica che si propone di governare l’Italia, da quelli che secondo me dovrebbero essere i buoni.

Del resto anche la Rete 4 di Emilio fede metteva la sovrimpressione “Andate a votare!” sui film di Don Camillo delle domeniche di voto. Tutto lecito. Sono questioni di stile.

Snocciolare soluzioni oggettivamente brillanti e funzionali, dovrebbero automaticamente contagiare il prossimo, sia esso l’elettore che l’apparato. E allora dov’è che non funziona il meccanismo? Perché c’è bisogno di aizzare le folle, usare come una clava il numero di giorni di governo (2700 e passa) passati da Bersani “senza ottenere niente”, magari mentre hai in tasca un cellulare da cui Pierluigi ti ha tolto il costo fisso di ricarica?

Perché c’è bisogno di infuocare un senso di rivalsa del mondo digitale verso il mondo di carta, di mettere i giovani contro i meno giovani anziché perseguire l’ambizione più alta di unire tutti quanti? Io non riesco a togliermi dalla mente questa discrasia, il sapore dolceamaro del messaggio col sorriso in bocca che nasconde il fiele sullo stomaco.

Ma non avevamo imparato dal’era di Internet, dal cluetrain manifesto, e da fiumi di post che cooperare è meglio di competere?

Credo che la risposta sia nella capacità di ascolto, nella ricerca dell’empatia, nel capire i fenomeni collettivi, nel saper dire una parola agli operai di una fabbrica che chiude e al contempo nel saper comunicare con chi vive di (finte) partite IVA, con le persone che popolano l’agendina di Suz.

Ci ho pensato a lungo e secondo me questa capacità ce l’ha Pierluigi Bersani.

Non solo perché lo scrive Gad Lerner stamattina (ché questo posto ce l’ho in canna da 10 giorni ma sono bolso), non solo perché mi sono trovato per puro caso a sentire il discorso di Bersani il 13 dicembre del 2009 al monumento ai caduti di Sabbiuno e mi si è scaldato il cuore nel buio Berlusconiano, ma perché penso che l’esperienza di politico di Bersani e la sua capacità di ascolto siano di aiuto effettivo in questo momento, nell’unire costruendo qualcosa di nuovo.

La mia ansatz è che Bersani abbia capito benissimo che non si vince da soli e non si vince trascurando un messaggio forte e chiaro che è arrivato dall’elettorato di Renzi. Ci sono istanze che vanno raccolte immediatamente e integrate, valorizzate nel percorso del PD.

Il tema del mondo digitale, della meritocrazia, del rinnovamento dell’apparato dovrà essere affrontato unendo e costruendo.

Non ho votato Bersani per tifoseria, l’ho votato e lo rifarò perché pretendo da lui di non doverci vergognare più delle indecisioni del PD, dei compromessi, della legge 40 e del vecchio apparato.

La mia scommessa è che è più facile che Bersani faccia tesoro delle istanze di Renzi che non il viceversa. Me lo dice il cuore e, Suz, se hai letto fin qui questo non è giudicare “a pelle”.

Buon voto domani.

Update: corretta la data del discorso di Bersani a Sabbiuno.

L’internet adolescente

Gaspar è diventato verboso da 11 anni e vede la rete ancora nella sua prima infanzia:

Ci potremo dire nella prima adolescenza quando

  • la rete sarà veloce, simmetrica e pervasiva;
  • tutti gli oggetti connessi saranno server indirizzabili.

Non vedo l’ora.

Tra altri 11 anni ci troveremo a festeggiare il compleanno del Maestro in chat tra Apple iGlasses e Google Googles:

– Auguri, Gaspar! Con cosa brindi?
– Con niente, il frigo è unresponsive
– Perché? CPU piena?
– Disco pieno, non ha ruotato i log.
– non ti ha mandato la mail?
– è finita nello spam.
– ti cucini qualcosa?
– il microonde è andato…
– Bruciato? Formattato?
– L’ho beccato mentre mi stava ordinando certe pastigliette…
– LOL
– Piuttosto, cos’è questa musica, Federico? Ti facevo di gusti più alti…
– No, niente, firewall dimenticato sull’ampli…
– Eh, eh…
– L’hanno attaccato degli hacker di Cesena…

Sento la nostalgia d’un passatooooo….

Buon compleanno, Gaspar!

Giochi di ruolo

Da giovani il ruolo è importante (e si capisce che i vecchi siano così restii a concederlo), perché è il punto d’appoggio su cui fare leva per imporsi sugli altri. Il ruolo agevola la costruzione di una identità sociale, ma con l’età ci si può anche abituare a non averlo e farne a meno, trovando il lato positivo della faccenda: più tempo a disposizione per se stessi e meno recite “a soggetto” davanti a gente davvero poco interessante, che cerca solo conferme di sè.

(Via Il ruolo « …I’ve got a project!.)

Lorenzo riflette sulle acrobazie delle (auto)definizioni sui biglietti da visita per finire a parlare di scuola e precariato.

1.6 milioni di tweet per Neil Armstrong

Nicolas Garcia Belmonte, geniale esperto di visualizzazioni javascript, ha realizzato la visualizzazione di tutti i tweet sulla morte di Neil Armstrong. Il risultato è questo splendido video

Il lavoro è stato utilizzato da Twitter per il proprio tributo a Neil Armstrong

Sotto il sole del 2 agosto

2 agosto 1980

(vedi tutto il photoset del 2 agosto)

L’immediatezza delle cronache su Instagram e Twitter insieme alla fatica degli ultimi giorni prima delle ferie mi ha fatto ritardare il post annuale con la galleria di foto del 2 agosto

La lunga camminata dall’incrocio della T, fra via Rizzoli, via Ugo Bassi e via Indipendenza fino alla Stazione di Bologna è un rituale collettivo cui non si può mancare. Non mi sento a mio agio nel mio essere bolognese se non prendo un permesso al lavoro per il 2 agosto per esserci, là in mezzo ai gonfaloni, alle voci e della gente, a quelli che ti guardano dagli archi dei portici di via Indipendenza, agli amici che incontri proprio là in mezzo, alle biciclette, ai padri che portano i figli piccoli, nel lungo corteo che si allunga e si ricompaia come una fisarmonica per poi riempire ogni angolo di ombra in piazza Medaglie d’Oro.

La camminata è in gran parte all’ombra ma quando si giunge di fronte alla Stazione il termometro sulla facciata rimbalza fra i 35 e i 36 gradi, l’autobotte di Hera distribuisce acqua fresca a tutti. Fa caldo ma non importa. Andresti alla stazione anche a piedi nudi quel giorno. Già ma perché?

Perché, come ha detto nel suo discorso il sindaco Virginio Merola noi portiamo una cicatrice

Care cittadine e cari cittadini, la storia che abbiamo tramandato ha funzionato, si è radicata nelle anime, ha preso una goccia di sangue dai nostri cuori, e oggi, ogni bolognese grande e piccolo, porta nel cuore una piccola cicatrice, la cicatrice che questa storia ci ha lasciato.

Una cicatrice che ciascuno di noi porta con orgoglio.

E quando si ha una cicatrice che di per sé non duole ma sente le variazioni del clima, i tentativi di sminuire o alterare la verità, l’unica cosa che puoi fare è non dimenticare e stare vicino a chi la cicatrice ce l’ha sulla propria pelle:

Quel giorno medici, infermieri, ferrovieri, vigili del fuoco, in un clima surreale di pietà e rabbia, in silenzio hanno lavorato ben oltre le ore dei singoli turni. Semplici cittadini volontari e giovani militari di leva sono accorsi in stazione per liberare i feriti sepolti dai calcinacci, per estrarre da quell’inferno piccoli corpicini senza vita che sembravano bambole, ma erano esseri umani. In certi momenti, di fronte alle infinite urgenze e alle scene devastanti, molti soccorritori non riuscivano a nascondere la commozione e a reprimere i singhiozzi, ma hanno continuato ad aiutare e ad aiutarci.

Sappiamo che molti sono fra voi e vogliamo ancora, per questo, dirvi GRAZIE.

Quel giorno nessuno era preparato a fare quello che ha fatto, ma nessuno si è tirato indietro. E quella determinazione, quella dignitosa fermezza ci è stata d’ esempio e di sprone per costituirci in Associazione, per ricercare, ottenere, uniti, giustizia e verità per i nostri cari.

(dal pdf del discorso di Paolo Bolognesi il 2 agosto 2012, via stragi.it)

Il 2 agosto è un comune sentire civile di Bologna tutta, al di là degli schieramenti e dei chiodi arrugginiti girati nelle carni, come scrive Luca Bottura in uno dei suoi pezzi più belli e sentiti in assoluto, che stranamente non ha trovato posto sul Corriere di Bologna cartaceo ma che è stato pubblicato sul corporale blog BOblog:

Basta girare quel chiodo arrugginito nelle carni di chi ha patito la strage di Bologna sulla propria pelle. Basta allontanarsi così tanto dal sentire di una città, la tua, che vuole verità e non guerre politiche. Peggio: partitiche.

Basta, in questa foga revisionista, lasciarsi prendere la mano e attribuire patenti di illiceità a gente che quel 2 agosto di 32 anni fa perse per sempre i propri cari, i propri affetti, il proprio futuro.

Bologna non dimentica

Le cicatrici si curano con la pervicacia, con la partecipazione e con la memoria. Dal canto mio, credo di aver saltato due o tre cortei e da quando esiste la fotografia digitale cerco di documentare com’è essere lì in mezzo, a costo di fare ogni anno le stesse foto. Del resto ogni anno si mettono gli addobbi di natale e i fiori ai partigiani. Quando ho potuto ci ho portato i miei figli, dall’età del passeggino in poi e sono stato felice di incontrare i miei vecchi compagni di liceo, in bicicletta e a piedi che ci portavano i loro.

Quest’anno i social network sono un fatto assodato, il Comune di Bologna con Twiperbole e ha fatto un lavoro egregio di partecipazione e coinvolgimento della cittadinanza, dall’emergenza neve, alla progettazione partecipata, alle celebrazioni istituzionali.

Per le celebrazioni del 2 agosto è stato aperto un blog ufficiale: Bologna 2 agosto verso una memoria condivisa. Realizzato su tumblr, una piattaforma che io amo molto per semplicità e potenza, il blog è riuscito a fondere l’idea di racconto della memoria e quello di partecipazione. Al momento del lancio sul tumblr comparivano i contenuti già noti del sito stragi.it; la pubblicazione in forma di sequenza cronologica di contenuti che diversamente presentavano la forma di archivio statico, ha realizzato un climax di avvicinamento alla giornata del 2 agosto. Guadagnando visibilità il blog si è arricchito di contributi originali tramite l’apposita funzione contribuisci di tumblr.

Il risultato era tutt’altro che scontato, poteva fermarsi ad una mera ripubblicazione ed è diventato un percorso, un racconto fatto dal montaggio proprio come nel miglior cinema documentaristico. Ottimo lavoro.

Rimandare l’appuntamento con Batman

Concept Ships è un blog di illustrazioni di fantascienza che seguo da tanto tempo. In questo post privo di immagini l’autore racconta di come lui e la moglie incinta, abitanti a Denver in Colorado, dovessero andare alla proiezione del film di Batman salvo cambiare idea all’ultimo minuto.

È un post molto civile e asciutto che si chiude con un pensiero per la piccola città di Aurora:

It seems very surreal that this little city of Aurora, Colorado halted a Paris, France world premiere with cast and crew for the new Batman film and got condolences from President Obama (He knows Aurora well since he flies into Buckley Air Force Base which is located there).

It is sad that the state of Colorado is starting to be known for mass shootings rather than the amazing mountainous landscape views and talented citizens.

Spopolare spopola

amarcord_anni_80.png

Non faccio in tempo a riprendermi dalla botta di Scialpi che diventa Shalpy (via Cratete su frenfi) che mi imbatto su una gallery di successi degli anni ’80, sempre su Vanity Fair punto it.

Segue elenco ragionato delle didascalie:

  • Donatella Rettore: nel 1980 spopolava con la hit Il Kobra
  • Giuni Russo: nel 1981 spopolava con Un’estate al mare
  • Gruppo Italiano: nel 1983 spopolava con Tropicana
  • Sandy Marton: nel 1984 spopolava con People From Ibiza
  • I Righeira: nel 1985 spopolavano con L’estate sta finendo
  • Ivana Spagna: nel 1986 spopolava con Easy Lady
  • Sabrina Salerno: nel 1987 spopolava con Boys Boys Boys
  • Lorella Cuccarini: nel 1988 spopolava con La notte vola
  • Edoardo Bennato: nel 1989 spopolava con Viva la mamma

(Amarcord anni ’80: la topten dei dieci anni)

Non c’è che dire: nel 2012 spopola la fantasia nei titolisti di vanitifeirpuntoit.

Risonanze

Gita in Calvana

(foto: La Repubblica Firenze)

C’è qualcosa di diverso dentro di noi quando si diventa genitori. Qualcosa fa clic e, volenti o nolenti, si percepiscono i fatti della vita diversamente, quasi fossimo dentro le teste di tutti gli altri genitori, belli, brutti, simpatici, antipatici, conosciuti o estranei.

E’ una cosa che vorrei spiegare al mio io trentenne di dieci anni fa che, alla notizia della morte di un bambino di 11 anni durante una gita in montagna avrebbe forse reagito con un “oh, poverino”:

E’ morto il bambino di 11 anni vittima di un attacco cardiaco mentre era in escursione sul monte della Calvana, sopra Prato. Altri ragazzi, di una comitiva di un gruppo parrocchiale di Paperino, alla periferia di Prato, secondo le prime informazioni sembrava che fossero disidratati e stremati. Ma la diocesi di Prato spiega: “A noi hanno detto che tutti gli altri piccoli stavano bene e che uno solo ha avuto il malore”. La Usl di Prato ha poi reso noto che i 74 bambini, il parroco e due accompagnatori “che apparivano emotivamente provati per quanto accaduto ma erano in buone condizioni di salute”.

Stamattina invece, ascoltando Prima Pagina, mi si è spento qualcosa dentro. Sarà che Ulisse ha appena preso un colpo di calore, sarà che di problemi cardiaci congeniti ne sappiamo qualcosa, sarà che conosco la montagna e la necessità di partire e tornare presto (non arrivi in quota alle 2 del pomeriggio, per dire).

Non è la somma di questi motivi razionali, è la morte di un bambino che da sola si propaga come un’onda nera dentro di noi e risuona sorda, senza giustificazione alcuna.

In ricordo di Nino Loperfido

nino.jpg

Oggi pomeriggio dalle 15 alle 18, nella sala Zodiaco della Provincia di Bologna, si terrà il convegno Le pratiche del Sogno – In ricordo di Nino Loperfido – Bambini e bambine di nuova generazione a Bologna.

Dopo il documentario realizzato da Giuliano e Giacomo, un altra occasione per ricordare un pilastro delle nostre amicizie.

Intervengono: Anna Del Mugnaio, Graziella Giovannini, Mariagrazia Contini, Maria Teresa Tagliaventi, Giancarlo Rigon.

Io ci sarò, almeno per la prima parte.

Scarica l’invito in pdf

Tre per sette ventuno

MILANO – – Il 93enne senatore a vita, Giulio Andreotti, è ricoverato in terapia intensiva al Policlinico Gemelli di Roma. Le sue condizioni «sono severe, ma stabili a seguito di una crisi cardiaca successiva a una infezione respiratoria» riferiscono i sanitari nel bollettino medico. Il sette volte presidente del Consiglio è arrivato alle 13.30 circa in codice rosso, disidratato e con frequenza cardiaca molto elevata. Ora è ricoverato in terapia intensiva presso il Dea. «Le condizioni sono severe, ma stabili. La prognosi è riservata» aggiungono i medici nella nota.

BRONCHITE – Una fonte medica ha aggiunto che il senatore è stato ricoverato per una bronchite di cui soffre da tempo. Secondo fonti sanitarie il sette volte presidente del Consiglio non sarebbe però stato intubato perché la situazione non sarebbe apparsa così grave ai medici da richiedere questo intervento.

IN AMBULANZA – Il sette volte presidente del Consiglio è stato prelevato dall’ambulanza dalla sua casa romana, in corso Vittorio Emanuele, intorno alle 13.26. L’ex presidente del Consiglio è stato visto con una mascherina dell’ossigeno da numerosi passanti.

(via Crisi cardiaca, Andreotti ricoverato – Corriere.it , enfasi mia.)

La notizia di oggi sul ricovero di Andreotti è per forza di cose scarsa di particolari: è stato ricoverato il senatore a vita Giulio Andreotti, 93 anni, per crisi respiratoria o cardiaca, «Le condizioni sono severe, ma stabili. La prognosi è riservata». Punto. Altro non si sa.

Nella concitazione di aggiungere paragrafi al pezzo la redazione online del Corriere.it ha continuato per tre volte a definire Giulio Andreotti il sette volte presidente del Consiglio, per un totale teorico di 21 mandati in tre paragrafi.

In questo banalissimo episodio giornalistico, del tutto marginale rispetto alla pagina di storia d’Italia rappresentata dalla vita di Andreotti, c’è tutta la deriva della lingua italiana: c’è il terrore per la ripetizione, il bisogno incontenibile di apposizioni e aggettivazioni, l’incapacità cronica di scrivere asciutto, l’illusione di dare più informazione condensando parole.

In un pezzo giornalistico di cronaca non scriviamo un brano di letteratura, nessuno cercherà né apprezzerà riccioli e modanature linguistiche, specie se brutti. Nessuno si annoierà se chiamiamo il protagonista dell’articolo con nome e cognome in più frasi ravvicinate. Nessuna prof delle medie sottolineerà in rosso “troppe ripetizioni”.

La sintesi non è giustapposizione di locuzioni, la sintesi è la scelta accurata di ciò che serve per dare l’informazione corretta. Sottrarre e non aggiungere. Less is more.

Il tempo di scrivere questo post e l’articolo è stato rivisto, la sottrazione è avvenuta e ora Andreotti è sette volte presidente del Consiglio e non più ventuno. Non starò qui a tirarmela sostenendo che al corriere hanno letto il mio twit su Andreotti ma la soddisfazione rimane. Bravi.

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