Da dove viene il termine "Skype" ?

In questo post del sito ufficiale di Skype:

Origin of the name/word “Skype”: “One of the names they came up with was ‘Sky peer-to-peer’, which got soon shortened to ‘Skyper’. But as happens in the Internet world, some of the domain names associated with ‘skyper’ were already taken, so they thought what the heck, let’s just drop the ‘r’ and make it ‘Skype’. It sounded good and the domains were available.”

(Via Skype Community News.)

Ovvero il CieloP2P… pericolosamente adattabile in cielopuro e rime affini. 🙂

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La BBC sperimenta le tag per l'audio

BBC Radio's experimental audio-tagging project: “Cory Doctorow:
BBC Radio is experimenting with a project to let radio listeners mark up its downloadable audio in order to produce useful, user-centric guides to the gigantic corpus of audio that the Beeb produces every day. Online Journalism News has a great explanatory article on it, off the back of Tom Coates's blog entry on the project (Tom worked on the project before leaving to work for Yahoo).

Si tratta di un progetto non ancora pubblico e in fase di sviluppo interno alla BBC. Se ho capito bene l'intenzione è di rivoluzionare l'audio nel senso del social software a colpi di tag e metadata impostati dagli utenti, seguendo la filosofia di Wikipedia, Flickr e del.icio.us.

L'idea di reperire brani di audio a partire dai contenuti è geniale. Sarebbe come rendere aggregabili gli attuali podcast cercando nel campo informazioni di iTunes.

Molto interessante la lettura integrale del post citato.

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Gates, Jobs, Paolo e i bullet point

In questi giorni è rimbalzata la segnalazione di questo post che confronta lo stile di presentazioni di Jobs e Gates:

Gates, Jobs, & the Zen aesthetic: “As a follow up to yesterday's post on Bill Gates' presentation style, I thought it would be useful to examine briefly the two contrasting visual approaches employed by Gates and Jobs in their presentations while keeping key aesthetic concepts found in Zen in mind.”

(Via Presentation Zen.)

A me è arrivata via iChat ma ne hanno parlato Paolo e Melablog.

L'analisi è completamente condivisibile e rappresenta l'essenza del dualismo fra il modo di realizzare software (e di pensare) di MS e di Apple: sovrabbondanza di feature e di informazioni da un lato, semplicità ed eleganza dall'altro (anche a discapito delle feature stesse).

Il punto su cui volevo aggiungere qualcosa è la condanna netta dei bullet point:

Gates, Jobs, & the Zen aesthetic: “Mr. Gates needs to read Cliff Atkinson's Beyond Bullet Points, ironically published by Microsoft Press. Atkinson says that '…bullet points create obstacles between presenters and audiences.' He correctly claims that bullets tend to make our presentations formal and stiff, serve to 'dumb down' our points, and lead to audiences being confused…and bored. Rather than running through points on a slide, Atkinson recommends presenters embrace the art of storytelling, and that visuals (slides) be used smoothly and simply to enhance the speaker's points as he tells his story. This can be done even in technical presentations, and it can certainly be done in high-tech business presentations.”

È vero che l'eccesso di bullet point (le liste a paragrafi rientrati con pallino davanti) è un morbo da cui nessun utente di programmi di presentazioni è esente, così come è altrettanto diffusa l'abitudine di scambiare la slide per una relazione scritta, ovvero la trascrizione completa di ciò che lo speaker sta dicendo (cito Paolo, ma viene detto anche nel post Zen)

Presentatevi bene: “Credo che fare le slides in PowerPoint sia uno dei pochi momenti in cui un manager può esprimere la sua creatività. Il fatto che non abbia alcun talento grafico e che nessuno gli ha mai detto che non è indispensabile scrivere proprio TUTTO quello che hai intenzione di dire in una silde, non serve certo a fermarlo.”

Tuttavia dobbiamo considerare che il significato primo dei bullet point è quello di tenere in piedi la struttura del pensiero che vogliamo esporre: la vocazione di quei pallini è di essere nient'altro che un'outline.

Il materiale di questa struttura sono le cose che dobbiamo esporre a voce. Se abbiamo paura di dimenticarcele esiste lo spazio apposito nelle note dove inserire, volendo, anche la sceneggiatura completa della nostra presentazione (ma per me è più divertente andare a braccio): invisibile per il pubblico. Rete di sicurezza per lo speaker.

Solo occasionalmente un pensiero per esteso può comparire in una slide. Rigorosamente limitato a poche righe, quelle che restano in mente. Ho visto slide piene di articoli integrali di normative illeggibili. Il pubblico sbadiglia sul posto e (forse) si leggerà il contenuto con calma in privato, scaricandosi il PDF.

Tornando alla struttura, poiché la quantità di informazione che riempe una singola slide dovrebbe essere ragionevolmente bassa, anche la sua struttura dovrebbe essere leggera: 3-4 bullet, massimo 5, con il primo in alto e uno in mezzo che fanno da argomenti principali e gli altri da diramazione secondaria.

In questa situazione l'uso dei bullet point sulla slide definitiva ha senso, secondo me: se devo esporre un tema prevalentemente tecnico oppure consequenziale o razionale, posso permettermi di farlo mediante una sequenza di righe… a patto che il mio eloquio sia sufficientemente non soporifero.

PowerPoint è pieno di strutture pronte per le slide fatte con i bullet ed è dotato della pericolosa proprietà di ridurre automaticamente la grandezza dei caratteri man mano che si aggiungono paragrafi: non mette limite al dilagare dei bullet e dei testi integrali.

Keynote (il programma di presentazioni usato da Jobs e ora incorporato nella mini suite iWork) insegue il suo rivale per ovvi motivi (favorire lo switch di utenti da PP) offrendo le stesse strutture a bullet. La differenza sta, oltre all'eleganza e alla cura grafica dei template (vedere per credere), nel mancato ridimensionamento dei font e nel gentile invito, mediante l'ampia interlinea dei template, a tenere basso il numero dei paragrafi con bullet.

Con Keynote, se vogliamo aggiungere testo dobbiamo forzare font e interlinea a stringersi, rovinando sensibilmente la grafica dei template incorporati ma anche quella di un template PPT importato.

Il concetto di modica dose per i bullet point, insomma. Qualcosa di simile a quanto si trova nello strumento S5 di Eric Meyer.

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MacIntel: diventare adulti

Questo era un commento che doveva comparire su Applicando poi potato per motivi di spazio, lo riciclo qui, se mi passate il tono un po' enfatico.

L’annuncio dell’adozione di processori Intel da parte di Apple può davvero chiamarsi una svolta storica. Il merito della questione, la marca del processore, c’entra poco però. È la fine di un’era, l’era del think different realizzato tramite il being different: avere un processore diverso non serve più a differenziarsi dai concorrenti. Quello che conta è l’ecosistema hardware-software, il connubio inscindibile Macintosh – Mac OS X che nessun altro costruttore di PC potrà mai realizzare. E se anche questo connubio viene realizzato con componenti “comuni” poco importa. Siamo in Guerra, Anakin, ma non è più una guerra di religione, è una guerra di soldi, è il capitalismo. Dal ritorno di Jobs in avanti, nel dicembre 1997, Apple si è trasformata, da chi cerca di realizzare l’impossibile, quello che gli altri non fanno, al grande cuoco che cucina piatti incredibili con gli ingredienti di tutti, permettendosi di invadere il campo del nemico, saccheggiandogli materie prime anno dopo anno, dall’adozione dell’interfaccia USB, ai dischi IDE, fino al capolavora del Mac Mini, venduto sull’Apple Store come periferica da mettere sopra il case del PC, come un commando infiltrato oltre le linee nemiche.

Ma ci sono delle vittime in questo tipo di guerra. La prima di tutte è l’ingenuità del fan, la seconda potrebbe essere la sua passione. Apple ha gettato la maschera, se mai l’ha avuta: è una multinazionale che persegue il profitto, non difende ideali informatici, cerca di fare I migliori prodotti che il mercato permette, non I prodotti impossibili che I fan vogliono.

C’è chi dice che i Mac venderanno meno perché una volta erano più longevi, mentre questa transizione impone di cambiare macchina entro 1-2 anni. Svegliatevi, compagni: i Mac della seconda era jobs sono sempre invecchiati dopo 6 mesi, negli ultimi anni, le evoluzioni dell’OS, le nuove schede video e I nuovi giochi hanno spinto in avanti l’obsolescenza ancora di più. Anche questo vantaggio di diversità rispetto ai PC (che si sanno durare 2 anni) lo abbiamo perso. In compenso i Mac professionali non costano più quanto un’automobile, come succedeva nel 1996 e adottano periferiche standard PC reperibili a basso costo. E’ più facile rivenderli ed aggiornarli.

Quando nel 2000 un altro sogno morì, ovvero la Bungie fu comprata dalla Microsoft, un sito ora scomparso dedicato a Myth chiamato The Mill, chiuse per protesta. Nascosto nel codice HTML dell’home page c’era un’invettiva contro Microsoft che diceva fra l’altro Se Apple negli anni ’80 avesse prevalso ora ci sarebbero colonie umane su Marte.

Questo tipo di atteggiamenti, dopo l’annuncio dei MacIntel non ha più ragione di esistere. Apple non sarà più la fabbrica dei sogni impossibili, del palmare neo-Newton mai nato o dell’iPhone, ma semplicemente la fabbrica dei migliori personal computer di questo mondo possibile. L’annuncio di Jobs lascia molti dettagli nascosti: quale modello di processore adotteranno i Mac e se sarà diverso da quelli usati nei PC, quale facilità di porting ci sarà per I giochi PC (genere di forte influenza sul mercato), le caratteristiche generali della macchine di transizione, etc. Sicuramente una buona campagna di marketing, e il paracadute dei profitti di iPod e ITMS aiuteranno la traversata dei prossimi due anni.

Nel frattempo, ricordiamoci che I computer sono come I treni: un servizio che si prende il giorno e l’ora in cui si desidera spostarsi. Sul lavoro ho bisogno di un G5 per fare produzione video e ho avviato l’ordine. Intanto produco e fra due anni vedremo. Certo, per il computer “da fan” che uso a casa è meno chiaro capire il momento in cui prendere il treno. Ma non c’è più spazio per noi fan.

Think different a tutti.

Engadget 1985

Un fantastico salto nel tempo in un mondo a caratteri ASCII

Una pagina di Engadget che “recensisce” prodotti antichi con lo stile grafico delle BBS a caratteri e di 20 anni fa

Engadget 1985 – Engadget – www.engadget.com:

WELCOME TO THE ENGADGET BBS
August 22, 1985 | 12:35

Callers to date . . . . . . . . . . 2924
Callers today . . . . . . . . . . . 12
Callers yesterday . . . . . . . . . 49
Uptime. . . . . . . . . . . . . . . 124 days, 20:05
The SYSOP is. . . . . . . . . . . . IN!

[A] Articles [C] Chat [I] Mail [M] Message boards [N] News

Welcome to the Engadget BBS! How’s it going? Sorry if you had a busy signal a bunch, the board’s been growing like crazy—we’re adding a third line next week, so check out the boards to get that number!

L'articolo è una geniale commistione di tempi tra il genere blog di oggi e testi, layout e immagini a bassa risoluzione di allora. Da non perdere.

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Gianluca e iTunes

Ecco un'altro divertente faccia a faccia fra Gianluca Neri e un prodotto Apple.

Rileggendo gli estratti dei precedenti match, ho l'impressione che il Nostro sia preda della sindrome da utente PC che osserva il mondo Mac da fuori senza sperimentarlo.

Il dialogo con iTunes è divertente, non lo nego:

You Tunes. I don't.: “

Ricordo come fosse oggi il giorno in cui svariati blogger riportarono la notizia secondo la quale un autorevole mensile specializzato americano aveva definito iTunes della Apple ‘il miglior programma che sia mai stato scritto per Windows.
Perché lo dico? Perché ho acquistato un nuovo, fiammante iPod Photo da 60 Gb […]

Ripeto il rito dell’ispezione della mia “libreria” di files musicali, e già lì si inizia con le fesserie:
“Sposto i files nella nuova cartella che io, iTunes, ho creato, e li rinomino tutti come cazzo pare a me?”.
– No.
“Li converto da mp3 nel fantasmagorico formato ACC?”.
– No.
“E nel formato Apple Lossless?”.
– No.
“Sicuro?”.
– Sì.
“Creo il nome del file con il numero della traccia?”.
– No, porca zoccola, il numero della traccia c’è già, e nel formato che piace a me: limitati a copiare questi cazzo di files!
“I brani sono troppi e non c’entrano in 60 Gb. Vuoi selezionare quelli da copiare o preferisci che crei una nuova playlist?”.
– Voglio selezionarli.

(Via Macchianera.)

Da esso si evince però che non si può cavare sangue da una rapa: come fai a voler usare un prodotto Apple, studiato per darti il massimo di integrazione con il suo software, con un altro programma, o un approccio troppo personalizzato?

Se un prodotto ha una sua logica, prima è utile procedere secondo le sue direttive, e poi, se proprio non ti piacciono, fare a modo tuo. Almeno capisci a cosa vai incontro…

Procedendo by the book prima o poi forse anche il buon Gianluca capità che è inutile complicarsi la vita con il funzionamento kafkiano dei PC… 🙂

Fai suonare la Morte Nera in casa tua

Death Star.jpg

La notizia mi è già arrivata in duplice copia via iChat. O tutti sanno che sono il solito gonzo fan di Star Wars che impazzisce per queste cose o, piu' probabilmente, la cosa sta già facendo il giro della rete.

eBay è un deposito di stranezze e i fan di Star Wars sono capaci di tirarne fuori di belle, ma questi tizi inglesi ne hanno fatta una col botto.

Un subwoofer fatto in casa e a mano a forma di Death Star (Morte Nera). Naturalmente da usarsi per vedere la Trilogia in DVD ad alto volume e godere come bufali afghani.

Il link è stato notato da altri fan che hanno provveduto a scatenare la catena di citazioni nella sezione domande al venditore:

Q: Please can you confirm whether it is the black or red thermal exhaust port that leads directly to the Main Reactor?

A: You are part of the Rebel Alliance and a traitor!

Tra le risposte viene anche rivelata un'imperdibile pagina con le fasi di costruzione dell'oggetto.

BuildingDeathStar.jpg

In questo momento mancano meno di 2 ore e più di 180 sterline al contatto con quella piccola luna.

Non e' una luna quella…

l'iPod dietro lo switch dei MacIntel

Un cambio di focus, uno spostamento di baricentro e' la tesi dei questo interessante articolo di Ars Tecnica:

Inside the big switch: the iPod and the future of Apple Computer : Page 1: “The cold, hard reality here is that the Mac is Apple's past and the iPod is Apple's future, in the same way that the 'PC' is the industry's past and the post-PC gadget is industry's future. This transition mirrors the industry's previous transition/expansion from the mainframe to the networked commodity PC—a transition that is still ongoing in some sectors of the market. Of course the PC will stick around, but as the hub of a growing and increasingly profitable constellation of post-PC gadgets. It's a shame that Steve Jobs can't be upfront with his user base about that fact, because, frankly, I think the Mac community would understand. The iPod and what it represents—an elegant, intuitively useful, and widely appealing expression of everything that Moore's Curves promise but so rarely deliver—is the 'Macintosh' of the new millennium. There was no need to put on a dog and pony show about how IBM has dropped the performance ball, when what Jobs is really doing is shifting the focus of Apple from a PC-era 'performance' paradigm to a post-PC-era 'features and functionality' paradigm.”

(Via Ars Technica.)

alla luce del quale prende significato il piccolo ritocco nello spot 1984 che Apple ha fatto all'inizio del suo ventennale: la lanciatrice di martello aveva alla cintura un bell'iPod.

I blog? Roba vecchia!

Parola di Mark Pilgrim:

My name is Mark Pilgrim, and this is my personal home page.

From July 2001 to October 2004, I published a weblog here. (You can still browse the archives if you like.) Now that everyone and their dog has a weblog, I've gone retro and converted it back to a home page, like the one you made for your dog in 1996 and promptly forgot about. Everything old is new again.

Mark è stato un grande blogger che ha saputo travasare le sue immense conoscenze di programmatore sulle sue pagine, unendole ad una graffiante capacità di commento e polemiche sull'andamento delle tecnologie web degli ultimi anni.

Quando il W3C proponeva varianti contorte all'XHTML Mark lo cazziava. Quando l'RSS si complicava pure. Quando Movable Type è diventato roba commerciale è migrato a WordPress Un giretto sui sui archivi è istruttivo. Ora sta cazziando tutti noi, con tanti saluti ai più permalosi.

Non ha tutti i torti a mio avviso, anzi. Chi mi conosce sa che non amo confondermi con la massa. Tuttavia l'evoluzione di qualunque tecnologia su Internet produce effetti sociali (nella realtà virtuale) analoghi a quelli di una piccola cittadina che diventa una metropoli o di un negozietto che diventa un megastore.

15 anni fa nessuno sapeva cos'era un email, ma chi li usava rispettava scupolosamente la netiquette (vedi anche il sito di Bertola) e, ad esempio, si curava del quoting. Oggi chiunque ti inonda di robaccia, rispondendo in cima al testo, con interi mail allegati inutilmente, il subject pieno di R:R:R: (grazie a M$oft), e scrivendo in HTML.

Quando il blog diventa uno strumento facile allora chiunque si mette a usarlo. Quando sbarca sui grandi quotidiani come paroletta di moda anche peggio. I contenuti originali sono sempre meno frequenti. La gente rilancia notizie a partire dalle stesse press release che tutti possono già leggere quando si dovrebbe fare il contrario: scrivere solo quando si hanno osservazioni da fare sulle notizie. Un commento arricchisce di punti di vista. Una news peggiora solo il rapporto segnale-rumore.

Diceva sempre Mark nei commenti a questo post:

Re: news-reposters. The combination news-aggregator-plus-blogging-tool is probably the worst possible invention for the long-term health of the blogging community. All other things being equal, people will do what their tools make easy – witness all the newbie blogs with default Radio templates that do nothing but repost auto-generated excerpts from the top ~25 bloggers. Like, who cares? Go into stamp collecting. I’ve written scripts that generate more interesting content.

Ed era il 9 febbraio del 2003.

Secondo me c'è una terza via: rimettere l'accento sulla parte log della parola weblog. Riprendere il significato originario di registro di eventi (informatici e non) insito nella parola log. Se racconto cosa sto facendo, nel lavoro o nella vita, allora i miei contenuti possono aggiungere un mattoncino alle informazioni in rete. Sapere a che punto è la lavorazione di qualche cosa è un'informazione utilissima, specialmente in ambito corporate o dove ci sia un lavoro collaborativo.

Il più è convincere gli altri…

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