Dissetarsi

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Strano come i ricordi si fissino sugli oggetti più impensati.

Ché certi aspetti banali del fine vita rimangono più impressi dei monitor e delle flebo.

Le bottigliette d’acqua col beccuccio, quelle lunghe e strette, incavate al centro, sono state le ultime con cui riusciva a bere.

Il biberon di un moribondo. Un neonato alla meno uno che succhia a fatica.

Poi si è dovuti passare all’acqua solida in gel, una (non) bevanda irreale per non soffocare quando ti abbandona anche il riflesso della deglutizione.

È servita solo per pochi giorni.

Un anno dopo succede che quelle bottigliette finiscono tra le cibarie di una bellissima escursione sull’Appennino.

E non è colpa di nessuno se il ricordo riaffiora silenzioso come un soldato dei corpi speciali che strisciando ti prende alla gola.

E stringe.

Gli effetti collaterali di un’ottima memoria visiva.

Senza la sua risata

Marco Zamperini è scomparso poche ore fa.

FunkyProf in B/W

Il FunkyProf, il dispensatore di Prestigio, il regalatore di idee, compagnia, calore, genialità, ironia e risate improvvisamente non c’è più.

Infarto.

Proprio all’ultimo State of the Net, nel suo keynote Internet everywhere, aveva messo nella slide introduttiva “ho avuto un infarto”.

Credetemi, da queste parti sappiamo cosa vuol dire.

Potevi non sapere chi fosse nel dettaglio ma non potevi fare a meno di incontrarlo in una qualunque adunata dei socialini, convegno serio o faceto, e farti contagiare dalla sua carica geniale e ironica.

Mi dispiace molto, moltissimo.

Un grande abbraccio alla moglie Paola e alle figlie Rebecca e Bianca.

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La musica si impara da piccoli

1. Si parla spesso delle “scuole medie coi flautini dolci”, come se ci fosse una delega totale all’educazione dell’orecchio alla scuola dell’obbligo. Ma quando mai. La musica si impara, come la parola, come la pipì sul vasino, come la forchettina e il bicchiere con due manine, da mamma e papà.

(via La Flauta – L’educazione alla buona musica (come provare a cambiare il mondo))

La Flauta ha scritto una bellissima lettera al Ministro Bray e questo gli risponde nei commenti trascinandosi anche Gino Paoli come presidente SIAE.

Non contenta di aver conquistato i siti di news musicali e la home page del sito SIAE, si è montata la testa ed è passata alla parte propositiva.

E anche stavolta lo fa da applauso a scena aperta.

Non foss’altro perché ieri sera Piero Angela ci ha presentato un servizio sui neuroscienziati che hanno dimostrato che il cervello di bambini educati precocemente alla musica funziona meglio di quello degli altri bambini.

Non foss’altro perché la musica, vissuta e capita – per non dire studiata – è un piacere della vita che se la gioca ai punti col sesso e il cibo.

Non foss’altro perché, tra le righe, la Flauta si immagina una generazione che si appassiona alla musica e non ai testi delle canzoni, confondendo la litania cacofonica di voci stonate che azzeccano le parole di tutte le strofe di De André o Guccini (erre moscia compresa) in fondo al pullman della gita scolastica con l’amore per la musica di quelle stesse canzoni.

(ho citato solo i Grandi, sorvoliamo sul sapere – e trovare belle – tutte le strofe di Ramazzotti e co.)

Del resto lo aveva(mo) già scritto che la musica viene prima.

La musica è una gran figata e il godimento si nasconde nei passaggi, negli accordi, nell’insieme e nell’assolo ben dosati, nell’armonia e in un sacco di altri anfratti. Talvolta anche nella melodia, dai.

Se la musica italiana fosse cibo, mangereste sempre pasta al pomodoro e basilico?

Conoscendo davvero la musica si può veramente cambiare il mondo cambiando noi stessi. Non è un’esagerazione.

Me li sogno ancora oggi quegli occhi

Le persone che stavano morendo lì non avevano neanche un’idea di cosa fosse successo, e per questo tutti avevano occhi come quelli degli animali. Hai mai visto gli occhi di un maiale quando viene sgozzato? Spaventoso, no? Questa persona mi guardava in quel modo. Me li sogno ancora oggi quegli occhi. Ogni anno, verso il 6 agosto, sogno quegli occhi, tutte le notti. Non voglio vederli mai più, ma loro continuano a comparire. Tanta è stata l’impressione che mi hanno fatto.

(Via Un vecchio dottore giapponese scampato alla bomba atomica | VICE Italia.)

Non ringrazierò mai abbastanza pagina 3 per avermi fatto scoprire questo racconto, da leggere tutto e a stomaco vuoto.

La bomba atomica su Hiroshima è una di quelle cose che, nei cassetti della mente, tendono ad essere relegate nei libri di storia, complice quel velo retro degli anni ’40 che ammorbidisce gli spigoli.

Mentre il ricordo dell’Olocausto è mantenuto vivo da testimonianze, racconti, film e dibattiti, da noi in Europa le bombe su Hiroshima e Nagasaki sono un evento più lontano.

Bastano poche parole per evocare quello che realmente è stato, basta la scena di Rapsodia in agosto in cui gli anziani superstiti ciechi vanno ad accarezzare i giochi arrugginiti nel giardino della scuola distrutta dalla bomba.

Leggete il racconto del dottor Hida e poi guardate queste immagini di The Big Picture.

Ho visto una città civile e sono ancora sotto shock

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Il racconto di viaggio di Antonio Menna a Stoccolma è un pugno nello stomaco non solo per i napoletani ma per chi insegue un’idea di Italia che (ancora) non c’è ma viene inseguito da un’Italia che c’è (ancora) e non lo molla.

Il pezzo va letto tutto ma il suo nucleo più importante sta nella frase:

Ho visto ciascuno prendersi cura del suo tassello di interesse collettivo.

Puoi fare le riforme che ti pare, perseguire gli evasori, incarcererare i criminali, ripulire le strade, inondare di fondi e iniziative la città ma se chi ci abita non si sente parte di una collettività sarà tutto inutile.

Vi chiederete perché ho pubblicato lo screenshot dei pulsanti di sharing e commenti. Perché mi sembrava una bella chiosa all’intervento di Vincenzo Cosenza a State of The Net: uno stesso post ha 10mila condivisioni facebook, 271 su twitter (due ordini di grandezza in meno), nessuno su Google plus e 338 commenti.

La classe non è Aqua

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13 anni fa Mac OS X Public Beta: cursori caramellosi e strisce di sfondo ci fecero prima stupire poi stufare. Con l’evoluzione di OS X l’interfaccia migliorò moltissimo. Oggi le nuove icone piatte di IOS 7 fanno lo stesso effetto e promettono un futuro analogo.

Il punto di vista di uno sviluppatore. Via DF.

But with major user interface changes such as Aqua or iOS 7, Apple has another tendency: they overshoot the mark. Their incremental approach then becomes one where unnecessary items are removed (such as Aqua’s stripes) or improved (excessive shadows and transparency are toned down.)

There’s a good reason for this: it’s much easier to take away elements from a design than it is to add them. Simplicity is achieved by removing that which is not really needed.

One parallel with iOS 7 and Aqua that I don’t expect to see: an evolution that takes over a decade. There are a couple of reasons for this.

(Via furbo.org · Been There, Done That.)

Il contesto influenza il contenuto

Segnalo in ritardo il post di Leonardo a proposito della rinuncia di Dario Bressanini a scrivere sui blog de Il Fatto Quotidiano.

E’ il tipico caso in cui non si vuole vedere quanto l’aggregatore fissi il “baricentro” degli argomenti dei post, e quanto uno “spazio collettivo” diventi “punto di vista”. Il problema nasce quando il punto di vista della collettività degli scrittori si confonde percettivamente con quello dell’editore del sito.

Gomez non è un ingenuo, credo che sappia benissimo qual è l’inconveniente: quei 400 blog con l’adesivo del Fatto Quotidiano sono il Fatto Quotidiano. Il lettore li percepisce come Fatto Quotidiano. Se parlano delle nanoparticelle delle merendine, il lettore riterrà di avere letto sul Fatto una notizia sulle nanoparticelle nelle merendine. Non un’opinione: un’informazione. Capisco che un quotidiano consenta opinioni diverse, ma una merendina alle nanoparticelle non è un’opinione. O esiste – e allora mostramela, fuori la fonte. Oppure non esiste. E allora mi stai dicendo una bugia. E se sul tuo post c’è l’adesivo del Fatto Quotidiano, il FQ mi sta dicendo una bugia.

(Via I blog del Fatto non esistono.)

Notizie non negoziabili

Scorro i giornali e penso con un sorriso a don Andrea Gallo che fuma il sigaro in cielo: lì si può fumare quanto ti pare, e non fa male, diceva il mio grande amico Paolo Giuntella che se n’è andato il suo stesso giorno, cinque anni fa. Prima pagina del “Manifesto” (bellissima): «Il padre Nostro», foto del prete di strada con in mano un fazzoletto rosso. “Repubblica”: «Addio a don Gallo, il prete dei dimenticati», editoriale in prima di Vito Mancuso. “La Stampa”: «Ha unito cielo e terra», il ricordo di don Luigi Ciotti (in prima). “Il Fatto quotidiano”: «Grazie Don», e le prime cinque pagine. Arrivo ad “Avvenire”, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana che ama definirsi il giornale dei cattolici italiani e la foto di don Gallo, in prima pagina, non c’è. L’occhio passa in rassegna i titoli, ecco finalmente la parola Genova, taglio centrale. Oh, bene, è un ricordo di don Gallo? Macchè: «Unioni civili: Genova strappa», informa il foglio dei vescovi. «Nel capoluogo ligure via libera al registro delle coppie di fatto». Ah, ecco, evidentemente era quella la notizia non negoziabile. E la morte del prete ligure? Sfoglia sfoglia bisogna arrivare fino a pagina 13. Taglio basso, accanto ai necrologi. Un pezzo non firmato, un redazionale come si dice, forse erano tutti occupati ieri ad “Avvenire”, quattro agenzie incollate in fretta e furia, con le parole del cardinale Bagnasco e l’avvertenza per l’uso: «Non di rado le sue prese di posizione erano apparse in aperto contrasto con l’insegnamento della Chiesa». Tante volte qualche sprovveduto lettore cascasse nel tranello.

(Via Don Gallo senza Avvenire » Lost in Politics – Blog – L’espresso via Alessandro Gilioli..)

Marco Damilano sulla scomunica a mezzo stampa da leggere tutto.

Come ti nascondo il banner dai feed RSS

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La seconda cosa più insopportabile della lettura di un feed RSS dopo il feed troncato è il feed con pubblicità incorporata. La lettura con un client web come Google Reader te lo spara dritto in faccia prima che tu possa reagire.

L’imminente chiusura di Google Reader ha risvegliato in me l’interesse per NetNewsWire che ho ripreso a usare con ritrovato piacere.

Avevo dimenticato quanto fosse comoda l’interfaccia Mac nativa e quanto fosse personalizzabile.

Poco fa mi sono ritrovato ad aggiustare l’altezza della barra centrale, quella che separa i titoli dal contenuto e, oplà, mi è scomparso il banner sotto al post.

Ho deciso che sarà l’altezza di default per i feed troncati con pubblicità sottostante, non me ne vogliano Punto Informatico e gli altri feed che continuerò a leggere.

A volte non serve ricorrere a tecnologia sofisticata. A volte basta trascinare una barra in una finestra.

A volte sono veramente intollerante. Con la pubblicità sono impietoso.

25 aprile a Bologna

Bandiere

Una bella giornata di aprile, una piazza troppo vuota

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ascolta un bel discorso sulla faticosa realizzazione negli anni dei valori scritti nella Costituzione.

ANPI medaglie d'oro

E’ la piazza dei ricordi, dove sul muro su cui si fucilavano i Partigiani

Foro di proiettile

ora ci sono le foto di chi non c’è più

Generazioni

e di chi c’era nei sui 14 anni

Un ragazzino di 14 anni nella foto...

ed è di nuovo qui per raccontarlo

...a 82 anni festeggia il 25 aprile

insieme a chi resiste a 98 anni (quasi 99).

98 anni quasi 99

Poco distante il Pratello R’esiste

Il 25 Aprile del Pratello #25aprilebo

e la festa

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di tutti

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continua

Pace

Buon 25 aprile

W la Resistenza

(ingrandisci le foto se non lo hai ancora fatto o guardati tutto il photoset su flickr)

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