La mattina in cui ci si è risvegliati declassati da S&P mi stavo chiedendo quanto ancora si potesse andare avanti con una locomotiva lanciata verso il baratro da un macchinista in coma. Come poteva essere che la fascinazione per il Capo ci mantenesse in questo abbraccio mortale.
Poco dopo ho ascoltato questo illuminante editoriale di Doppiozero raccontato da radio3:
Il problema è dato dal fatto che il corpo del Capo appare, a questo punto, inseparabile dal corpo stesso del Paese, ne è strettamente avvinto in un invincibile istinto di morte. In una delle efferate torture che i Romani infliggevano ai loro nemici, o ai cittadini condannati, il corpo di un vivo veniva legato saldamente al corpo di un morto, e poi i due fatti rotolare insieme giù da un pendio ripetendo, se necessario l’azione più volte. Si può figurare, come ha detto qualcuno, che l’Italia sia in questa posizione rispetto al corpo del Capo: qualcosa di vivo che rotola insieme a qualcosa di morto, o che tende alla Morte. Tutta la politica del corpo di Silvio Berlusconi è stata tesa a escludere la morte dal campo delle possibilità, ma, come rivela l’immagine di Majoli, la Morte tallona da presso la Vita.
L’editoriale è da leggere tutto e da incrociare con quello che ora sappiamo dalle ultime intercettazioni telefoniche e da quello che diceva Veronica Lario nel 2009.