Fare il fisico è stata una bella esperienza, come quelle gite scolastiche con tanto di luna piena, falo’ e qualche speranza che la più bella della classe ti degni di uno sguardo.
Poi però il pullman ti porta a casa e nei sedili in fondo se la spupazza qualcun altro.
I buchi neri, dicevamo, roba che quando non eravate neanche nati, sul finire degli anni ’70 riempiva i paginoni della sezione scienza di Panorama, con tanto di figura del malcapitato attraversatore del Buco che finiva stiracchiato in chissà quale parte dell’Universo.
E così ti frullano in testa degli strani mischioni tra frasi fatte giornalistiche, ingredienti di fantascienza, due cucchiai di immaginazione e la frittata è fatta. Non ti ferma neanche Piero Angela che all’epoca, nella trasmissione Quark senza il Super davanti, si fermava pazientemente a spiegarti cosa erano ‘sti benedetti Quark (scoperti e ipotizzati relativamente da pochi anni), i loro amici Buchi Neri precisando che tutto quello che si sapeva di questi strani soggetti era una manciata di numeri e formule. Nessuno li aveva mai visti né si poteva sognare di vederli, nell’accezione comune del termine.
Com’è, come non è, a 19 anni finisci per iscriverti a fisica, ti fai un discreto mazzo tra esami di matematica, forma mentis tutta da forgiare e residui pensieri fantascientifici da purgare finché al terzo anno ti imbatti nell’Unico Complementare Teorico che puoi scegliere (nel 1990 funzionava ancora così). Relatività, mi pare ovvio (il genio di Einstein, lo spazio, la gravità, se eri femmina un prof. giovane dagli occhioni blu). Vuoi che un fisico non sappia nulla dello spazio tempo e dei buchi neri?
Superi pagine e pagine di formule sul quadernone, digerisci la notazione quadridimensionale con somma implicita sugli indici (sono ancora indeciso se pronunciarli mi e ni oppure mu e nu), fai fare alla tua immaginazione sforzi ben più contorti di quelli delle pagine divulgative dei giornali e approdi, dopo tre cambi di variabile in coordinate polari al tuo primo buco nero, una pagina e mezzo di quadernone dedicata alla Metrica di Kerr.
Da una serie di considerazioni che devi cercare di riportare su una sola dimensione spaziale e una temporale (dimenticando gli angoli che sarebbe troppo complicato capire), intuisci che la X e la T si invertono di ruolo oltre l’orizzonte degli eventi, oltrepassato il quale la X va solo avanti, ovvero gli oggetti cadono irreversibilmente nel buco nero e non tornano indietro. Alcune clausole che, se fossero un EULA di oggi, sarebbero scritte in piccolo in fondo alla schermata, dicono pero’ che ci vuole tempo infinito a raggiungere l’orizzonte degli eventi, che il modello vale per un buco nero sferico o puntiforme e che dall’altra parte forse c’è un buco bianco ma che tutti i punti della superficie che congiunge i due buchi (un wormhole) è di tipo space-like, ovvero: impossibile da raggiungere, sarebbe come andare indietro nel tempo. Non si attraversano i buchi neri, niente da fare, no viaggi intergalattici, niente stiracchiamenti, nada.
In altre parole: la realtà è molto più complicata, la metrica di un caso realistico la sanno solo i miei colleghi che ci si sono laureati e specializzati, chi ha tentato di metterci anche la meccanica quantistica non c’è ancora riuscito e chi ci ha provato mi ha mostrato formule ben più lunghe della mia: l’ultima che ricordo in teoria delle stringhe era lunga vari fogli A4 uniti con lo scotch. Solo la formula, mica la soluzione, eh?
Dietro la fisica teorica, come dietro quella sperimentale c’è un’estrema specializzazione, pagine e pagine di articoli, ore e ore (settimane e settimane) di tempo di calcolo su computer a molti processori, passione, sudore, colpi di culo e quant’altro possiate immaginare di più lontano dai titoli semplificatori dei giornali di oggi.
Dieci alla meno diciannove? Avete idea di che numero sia? Se fosse di una qualche importanza mi fionderei in tabaccheria a sparare 6 numeri a caso e diventare miliardario in tre tentativi.
Non faccio più il fisico da anni, al CERN ci sono andato in gita in pullman, il secondo anno, so un cazzo di cosa fanno in Svizzera, ma mi fido di loro. E’ come se, per oscure ragioni diventata mainstream, Internet fosse vista come una minaccia stile Matrix, foriera della fine del mondo, come se Novella duemila facesse i titoli sui pericoli dei pacchetti TCP/IP. Anche il meno tecnico di noi blogger starebbe ridendo ininterrottamente da settimane.
Forse è stato tutto veramente una gita scolastica.
noialtri ci stiamo scherzando da un po’ sulla Gelateria al Termine dell’Universo 😉 a me oggi e’ venuta in mente la canzoncina ‘so long and thanks for all the fish’, e non mi si scolla piu’ 😀
Lo sapevo e al solito sono rimasto indietro con le cose da fare: volevo iscrivermi e ora non si può più. Intercederesti presso il Grande Gelataio?
Comunque, scrivendo il post volevo citarvi, vi ho cercato su Google perché non mi ricordavo com’era scritto esattamente l’indirizzo, cliccato sul primo risultato e ottenuto… server not responding!
Pensavo che il mondo fosse finito veramente! 😀
ma LOL DremaHost stamattina c’ha abbandonato per un po’ 😉
mmm vedo cosa posso fare, che non vorrei una rivoluzione. nei prossimi giorni ti fo sapere 😉
non vale approfittarsi della scienza per rimorchiare XD (anche perchè io c’ho spesso provato ma parlare di fisica non aiuta a portare il partner dalla tua parte a meno che non sia un altro appassionato della cosa)
non sai quanto ti invidio il fatto di essere stato al CERN: magari ora mi metto a organizzare una gita in pullman con i miei compagni di università … XD
E’ una specie di grande fabbrica, con gente che si fa 12 ore di fila sottoterra. Gente che ci invecchia dentro 20 anni per calibrare un rivelatore o per fare un po’ di statistica di particelle.
Il posto in sé non è particolarmente magico, è la passione che c’è dentro che è unica.
I miei ricordi sono fermi al 1989, ho visitato OPAL e forse un altro esperimento. LHC era ancora li’ da venire.
Ringrazio il cielo di aver fatto alcune cose per sbaglio.
Iscrivermi a fisica fu una di queste.
Come ci finimmo, come ci stemmo, come ne uscimmo, sono racconti che richiedono tempo, spazio ed affetto reciproco (spazi pentadimensionali, ahime’ ormai delocalizzati).
Invece volevo espungere dal post di Federico un tema diverso: come saremmo stati, non ci fossimo, in quella torrida estate del ’87, messi in fila davanti ad uno sportello di legno nel piu’ recondito anfratto delle segreterie di via Zamboni.
Non avessimo mai cercato di far comparire su uno schermo la scritta “hello there”, non avessimo mai usato gia’ nel ’91 quel simbolo che i Fenici non avevano portato nel loro alfabeto (e si che con le chiocciole ci mandavano avanti un impero), non ci fossimo fatti mandare qua e la’ a spese del contribuente quando ancora il 90% della popolazione solidarizzava con gli scioperi delle compagnie aeree perche’ tanto erano cazzi dei ricchi.
Ci fossimo iscritti a lettere, assecondando qualche disfunzionalita’ sociale fraintesa per sensibilita’ letteraria; a legge per seguire il codazzo dei compagni di liceo; a lingue per seguire la codazza delle compagne.
Mi piace pensare che saremmo ora dei professori di scuola superiore, esimii esperti delle graduatorie e delle scienze sindacali, animatori di circoli per la difesa delle biblioteche, dei papiri e degli incunaboli (e della costituzione), dalla barbarie del computer.
Oppure ci gustremmo le piu’ fini stoffe, i tagli piu’ raffinati, le carrozzerie piu’ luccicanti, le molecole piu’ stupefacenti e le gambe piu’ affilate delle migliori ragazze della citta’, tra studio, bar, ristorante e garconierre.
Invece siamo qui, a nostro modo, ognuno per la parte sua, a scrutare per primi l’orizzonte della solita, prossima, imminente, rivoluzione teconologico-culturale. Che i primi non capiranno ed i secondi sfrutteranno.
Ebbene si, caro Fed, la realtà è molto più complicata, ma la metrica di un caso realistico la sanno solo quelli senza laurea e senza specializzazione, ahime! Non ho nulla da insegnare, stare alla larga dai buchi neri non mi e’ giovato. Basile dixit: il Biofisico non e’ ne’ un biologo ne’ un fisico e quindi resta tagliato fuori.