La storia si ripete: un anno fa Vittorio Zucconi celebrava i 10 anni di Google alludendo al celebre racconto di Fredric Brown.
Oggi in un pezzo di colore sull’iPhone come evoluzione ultima del concetto di computer succede la stessa cosa:
Uno scrittore americano di fantascienza immaginò negli anni 50, quando i calcolatori erano ancora grandi come vagoni ferroviari e lenti come calessi, che un giorno i potenti della Terra si sarebbero raccolti attorno al computer più potente del mondo collegato a tutti gli altri computer, per rivolgergli la domanda che ci tormenta da sempre: Dio esiste? E la macchina avrebbe risposto: “Adesso, sì”. Neppure lo scrittore di fantascienza osò tuttavia immaginare che dopo pochi anni, la “macchina di Dio” sarebbe divenuta tascabile.
Capisco la resistenza a citare direttamente il link di un blog, per non far uscire il lettore dal sito di Repubblica.it ma citare l’autore di un libro, oltretutto celeberrimo, che male fa?
Devo forse segnarmi fra 10 anni di scrivere un post tipo un celebre corrispondente dall’America di Repubblica era uso citare autori di fantascienza senza nominarli?
L’Occam in me ritiene che Zucconi non sapesse affatto di chi fosse il racconto.
@.mau. dici? Parla di Google e non gli chiede nulla su “famosi racconti di fantascienza”? Mah, vediamo se la Grande Conversazione ci porta Zucconi qui nei commenti a spiegarcelo… 🙂
Quello che mi lascia più perplesso è il tono abbastanza delirante dell’articolo, cosa che non so bene perché è abbastanza comune quando Repubblica e Unità parlano di Apple.
Da come lo descrive sembra che Zucconi non abbia mai visto uno smartphone in vita sua, e ne tira fuori una roba che verrebbe considerata fuori luogo anche in uno spot (non fosse altro per la mancanza di eleganza).
Certo, è molto in linea con l’articolo medio della sezione tecnologia di Repubblica ]:D