Signor Capone, lei forse non lo sapeva ma l’Italia l’amava, ha fatto crescere generazioni intere, e migliaia di vecchiette che aspettavano di sapere chi tra Broke o Taylor, volesse sposare.
Dice un commento tra i tanti, sentitissimi, che stanno trasformando il post sulla morte di Claudio Capone in un album dei ricordi.
Fan, passanti, appassionati, colleghi doppiatori (chi in chiaro chi solo con il nome) salutano una voce nel cuore, un amico, un grandissimo doppiatore, una persona splendida, immortalata nei ricordi della sala di doppiaggio, dei consigli dati ai colleghi, di tanti piccoli flash.
Claudio ha sempre fatto parte del mio Olimpo personale dei doppiatori, insieme a Cesare Barbetti, Ferruccio Amendola, Pino Locchi, Gualtiero De Angelis.
Di Claudio, come degli altri che amo, mi piace l’equilibrio inconfondibile fra la riconoscibilità di una voce fantastica e la fusione con il personaggio interpretato dall’attore originale. Capisci che è qualità pura, amore per l’uso della voce, e al contempo ti dimentichi e segui il personaggio.
Ma in trasparenza rimane sempre la voce, quella bravura soffusa che avvolge tutto e ti coccola il cervello.
La voce di Claudio, la persona di Claudio trasmettono quella bravura. Bassa ma vellutata, rugosa e morbida al tempo stesso, modulabile, con parole e sillabe scandite, un piacere di altri tempi come un bicchiere di whisky invecchiato bevuto davanti al caminetto.
Bravura nei documentari, ad accompagnarti con le aquile sulle vette più alte, bravura nei telefilm, dallo Sceriffo Brock al pastore di Settimo Cielo, bravura in parti improbabili per quella voce.
Bravura e basta.
Claudio se ne è andato giovane, maledetto ictus, ma ha avuto modo di viaggiare accanto ai grandi in un lungo arco di storia del cinema: la sua voce, dal timbro ancora giovanile, da’ corpo ad alcuni aiutanti del Tenente Colombo nei primi anni ’70, ed è sempre la sua voce acerba che nel 1978 ben si adatta al Luke Skywalker ragazzino di Episodio IV, per poi evolvere con la timbrica a Luke che scopre la forza su Dagobah e al Luke Jedi che fa il suo ingresso nel palazzo di Jabba.
Claudio è una costante: pubblicità, documentari, film. Dicono tutti: la sua voce ci mancherà. Verissimo, ma a quelli come me manca Claudio, come mancano Cesare, Ferruccio, Pino, Gualtiero e gli altri.
M’importa assai se il tal personaggio ora cambierà voce. Mi importa molto di più che si sia spenta la voce di Claudio.
Siamo appena entrati in un periodo di repliche televisive. Sul satellite si replicano continuamente film e telefilm. Ogni volta, ad occhi chiusi, una, tante fitte al cuore.
Il doppiatore è un mestiere che presupporrebbe l’immortalità: perché le voci sono ovunque non legate ad una sola faccia, le voci sono sempre nell’ombra. Come le favole della buonanotte.
Oltreoceano non lo capiranno mai.
Addio, Claudio.