Twitter / Brent Simmons: I turned Dock hiding on for…:
I turned Dock hiding on for a few days — but I felt unmoored, as if drifting at sea. So back to the non-hiding Dock.
(Via Brent Simmons .)
Ho provato per qualche mese a tenere il dock nascosto sotto il bordo inferiore dell’Apple Cinema Display 23′. Devo riconoscere che ho lavorato egregiamente, in particolare durante sessioni di programmazione intensa, quando proliferavano finestre di BBEdit, Safari e terminale con tail -f
sui log di Apache.
Ciononostante uno strano senso di disagio e di qualcosa fuori posto non ha smesso di solleticarmi. Il Dock è stata un’innovazione controversa, imposta da Steve Jobs al momento della nascita di Mac OS X ma per me si è rivelata innegabilmente utile e tendo a perdonargli lo spreco di spazio, in altezza e ai lati sempre vuoti.
Il Dock è la rappresentazione dello stato del mio spazio di lavoro, con le applicazioni attive, gli alias delle altre applicazioni che mi serviranno e di documenti e cartelle d’uso frequente. Nella sua criticata multifunzionalità (application launcher, application switcher, shortcuts) accusata di generare confusione, è diventato una sorta di zeitgeist del mio Mac OS X. E’ la rappresentazione delle mie scelte operative e una guida sempre presente per non andare a tentoni.
In alcuni casi se ne puo’ fare a meno, ad esempio alternando velocemente due applicazioni con command-tab o con Exposé per osservare i risultati di uno script in azione su BBEdit, ma nel complesso è un compagno di viaggio da non lasciare in disparte. Un colpo d’occhio da avere sempre lì sotto, anzi lì sulla destra dove mi fa comodo sul bordo del monitor.
Bentornato, Dock.